Il 26 maggio scorso si è svolto presso la sede del Gruppo Abele il seminario Opportunity. Prevenire la violenza e tutelare le vittime. E’ stata l’occasione per presentare alcune riflessioni attorno al progetto omonimo che, grazie al finanziamento dei fondi 8xmille della Tavola Valdese, ha consentito una prima sperimentazione di accoglienza residenziale per uomini che hanno avuto agiti aggressivi e/o violenti e chiedono aiuto per il cambiamento.
Al progetto Opportunity non siamo arrivati in modo estemporaneo ma dopo una lunga riflessione a partire dai diversi servizi che sul tema dell'aggressività nelle relazioni portiamo avanti da molto tempo.
Gestiamo sportelli di ascolto per vittime di violenza di genere indipendentemente dal fatto che abbiano presentato o meno denuncia, servizi di supporto legale, comunità che accolgono in maniera protetta donne e mamme con bimbi… Da tempo operiamo nelle scuole con percorsi di educazione alle relazioni e sul genere.
Opportunity è l’ultimo tassello in ordine di tempo, non vuole essere “la” risposta ma la sperimentazione di strade e approcci nuovi a un fenomeno drammatico.
Infatti, nonostante media e politica abbiano iniziato negli ultimi anni a mostrare una maggiore attenzione al tema della violenza non sembra purtroppo che il fenomeno sia in significativa diminuzione.
Obiettivo primario di tutti i nostri servizi è la tutela delle vittime e proprio in quest’ottica abbiamo iniziato a sperimentare servizi che si rivolgessero agli autori di agiti aggressivi nelle relazioni. Percorsi di ascolto, di trattamento psicologico, di accoglienza per cercare di andare alla radice della rabbia e prevenire nuove violenze sulla partner attuale e su eventuali partner future.
La nostra non si configura come un’associazione di genere, e questo rappresenta per noi un vantaggio nell’entrare in contatto con gli autori di violenza che frequentano i nostri variegati servizi, spesso con richieste e motivazioni che, almeno in prima battuta, non sembrano avere attinenza con la violenza. Si tratta di uomini, ad esempio, che accedono al nostro dormitorio perché hanno lasciato la casa in seguito a episodi di violenza oppure uomini che abusano di sostanze legali quali l’alcol o illegali e che hanno agiti violenti ecc… Altre volte sono gli stessi autori di violenza che accedono ai nostri servizi per chiedere aiuto.
Anche per noi è stato un processo culturale arrivare a “indossare gli occhiali” per vedere la violenza, per non fermarci alla domanda d’aiuto esplicitamente posta e iniziare a proporre percorsi di cambiamento nelle relazioni. Come tutti i percorsi culturali richiede tempo e disponibilità a provare strade nuove. Consapevoli delle difficoltà, dei rischi e delle resistenze che da più parti vengono agite.
L'aggressività non può mai essere considerata come singolo gesto, porta sempre con sé una storia personale, per l’autore e per la vittima. E solo lavorando sulle storie di entrambi si può sperare di disinnescare meccanismi spesso consolidati che portano, o giustificano, la violenza.
Come spesso affermato, i comportamenti violenti non fanno male solo alle vittime ma anche agli autori che, se non fermati per tempo, possono intraprendere percorsi sempre più pericolosi.
Questo non significa giustificare la violenza né pensare a meccanismi di deresponsabilizzazione degli autori che, anzi, devono essere severamente perseguiti. Tuttavia riteniamo che sia importante parallelamente individuare possibili percorsi di giustizia riparativa che aiutino sempre più all’assunzione di responsabilità su quanto fatto, cosa non sempre garantita dai processi di giustizia consueti.
Certo di fronte ai casi efferati ci sentiamo, tutti, disarmati e non resta che la risposta giudiziaria che però spesso non soddisfa le esigenze di sicurezza e di giustizia. Investire in processi culturali ci potrà far sentire meno disarmati di fronte ai tanti episodi che purtroppo ancora si susseguono, possiamo provare a fermare processi che sembrano inarrestabili partendo dal nostro essere donne e uomini. Consapevoli che dalla violenza si può solo uscire insieme, che se è vero che gli autori sono in gran parte uomini è pur vero che sono figli di altrettante donne…
E come tutti i processi culturali tali questioni vanno affrontate nella complessità, partendo dalle famiglie, dai contesti sociali, dalla scuola per insegnare ai bambini e alle bambine modalità nonviolente di gestione delle relazioni, dell’aggressività, della rabbia.
Promuovendo pratiche di gestione delle relazioni sul modello della mediazione dei conflitti che portino a non inasprire i rapporti in occasione, ad esempio, di conflitti di coppia, nelle separazioni ecc. per prevenire i processi di escalation che possono essere avvisaglie di azioni violente. Queste potrebbero essere occasioni formidabili per intercettare situazioni di possibile violenza oppure di potenziale pericolo su cui si potrebbe provare ad agire.
Non ci sono purtroppo soluzioni semplici per problemi radicati e complessi però possono esserci approcci nuovi, piccole rivoluzioni culturali di cui provare ad accettare la sfida lavorando insieme perché non ci siano più vittime, dirette e indirette, bambine, bambini e famiglie allargate devastati dalla violenza.
(ornella obert, responsabile area vulnerabilità e vittime del Gruppo Abele)
Il progetto Opportunity è sostenuto con i fondi otto per mille della Chiesa Valdese (Unione delle chiese metodiste e valdesi)