Troppe cose andrebbero dette per descrivere il valore aggiunto di #iocivado. Se penso alle amicizie nate in quei giorni, alle riflessioni maturate, alle scelte che questa esperienza mi ha portato a compiere… Beh, per racchiuderle tutte probabilmente non basterebbe un romanzo! Cercherò quindi di concentrarmi su alcuni aspetti, rimandando al mio blog chi volesse una narrazione più approfondita dei singoli giorni del campus. Andiamo con ordine. Innanzitutto, mi pare opportuno partire dal motivo che mi spinse ad iscrivermi, quasi due anni orsono, alla terza edizione. E poi, in seguito, a entrare nel novero degli organizzatori. La questione gira tutta attorno ad un avverbio: perché?
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Perché ci sono andato
Immagino che a tutti, almeno una volta nella vita, sia capitato di chiedersi perché? Non accade spesso: sommersi da una moltitudine di impegni e opportunità, pensiamo di più ai come: “Come riuscirò a risolvere questa situazione? Come riuscirò a fare tutto?”.E spesso, in un modo o nell’altro, una scappatoia la troviamo. Abituati all’odierna mentalità problem-solving, riusciamo ad essere più o meno performanti. Sui significati delle nostre azioni, invece, sembriamo meno competenti. Talvolta avvertiamo la necessità di un senso che faccia da sfondo, che ci sorregga nelle difficoltà quotidiane, che indichi la direzione ultima del nostro agire. Diversamente, rischiamo di perdere la bussola; di limitarci a collezionare esperienze come se fossero figurine. Occorre qualcosa di più profondo che faccia da collante: tra tutte le parti, spesso in conflitto, del nostro sé; tra la miriade di attività e pressioni a cui siamo sottoposti; tra tutte le fonti d’informazione a cui facciamo affidamento. Ma questi erano solo i perché di partenza, i miei. Dopo esserci andato ne ho scoperti altri…
Perché è organizzato da giovani
Lo ammetto, sono di parte, ma è davvero così: a rendere speciale #iocivado sono i ragazzi che lo organizzano. Condividendo all’incirca la stessa età, partecipanti e staff imparano molto gli uni dagli altri. Come? Mettendo sul piatto percorsi - di studio, professionali, personali - differenti, oltre che dubbi e perplessità ricorrenti tra i giovani d’oggi. Un campus dove ognuno ha sempre qualcosa da dare, oltre che da ricevere.
Perché ci si informa (bene)
Sottoposti a un continuo bombardamento mediatico, diventa sempre più difficile filtrare le notizie, scegliere a quali fonti affidarsi. Per questo al campus sono previsti momenti di auto-documentazione dove riflettere insieme su numeri, eventi e studi autorevoli. Ad arricchire questo aspetto la presenza dei relatori, esperti nei rispettivi campi trattati, a cui è possibile rivolgere le proprie domande. Per tornare a casa con più consapevolezze sul mondo che ci circonda; ampliare gli orizzonti; comprendere di più e giudicare meno.
Perché si empatizza
Il campus non è solo testa e razionalità ma anche (e soprattutto) cuore, emozioni. Tra i momenti a maggiore coinvolgimento emotivo ci sono indubbiamente le testimonianze; narrazioni senza filtri, riportate direttamente dagli ospiti di alcune strutture del Gruppo Abele. Tra loro, nella prossima edizione, anche alcuni profughi siriani da poco in Italia, il cui travagliato passato è ancora vivido. Assuefatti dal continuo scorrere di immagini drammatiche in tv, siamo sempre più anestetizzati di fronte alla sofferenza. L’incontro con queste persone ci riporta alla cruda realtà. I loro sguardi ci interrogano, spesso ci turbano; alimentano quella sana inquietudine che un giovane dovrebbe sempre mantenere verso il mondo. Una sete di conoscenza e di approfondimento per sentirsi cittadini responsabili; per rifuggire i pregiudizi e riconoscere l’altro che è in noi; per volgere lo sguardo alle persone, alle loro storie e non ai loro problemi.
Per creare e mantenere legami
A #iocivado si alternano riflessioni serie e momenti più leggeri, da cui spesso nascono amicizie. Per questo, una volta finito il campus, ci si tiene in contatto: si organizzato aperitivi, feste, momenti di ritrovo. Occasioni per rivivere l’atmosfera di #iocivado, per alimentare le riflessioni, per discutere su come migliorarlo con i ragazzi dello staff. Per vivere, oltre che occupare, un po’ di tempo libero insieme.
Perché si conosce da vicino il Gruppo Abele
Per far capire ai partecipanti cosa facciamo, sono in programma alcune visite presso le comunità del Gruppo; un modo per conoscerci da vicino, sporcandosi (davvero!) le mani e vivendo sulla propria pelle una giornata comunitaria. E poi, per spiegare chi siamo, l’incontro ravvicinato con il nostro fondatore, don Luigi Ciotti: per conoscere a fondo la nostra storia, iniziata oltre 50 anni fa da una strada, una strada che resta tuttora da percorrere. Infine, la conclusione a Binaria, il nostro centro “commensale”. Un modo per far conoscere agli iscritti la nostra casa, composta da tanti settori e dalle tante persone che quotidianamente la animano.
Insomma, tante occasioni anche per chi avesse intenzione di intraprendere attività di volontariatoo di lavorare in ambito sociale. Ma soprattutto un’occasione unica per noi, per continuare a conoscere giovani, per riannodare il filo a quel lontano 1965, quando tutto ebbe inizio sotto il nome di Gioventù impegnata. Da allora ad oggi, sono tantissimi i ragazzi e le ragazze ad essersi impegnate in prima persona, ad aver percorso un pezzo di strada con noi. Una strada sempre aperta, in cui manchi solo tu. Ovviamente con i tuoi perché. Ti aspettiamo!
(andrea silvestro, ex partecipante e oggi membro dello staff di #iocivado)
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