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NotizieLa pandemia degli adolescenti: un possibile rito di passaggio

Tutti sappiamo dell'importanza, nell'adolescenza, del gruppo dei pari, della fatica che caratterizza la relazione coi genitori, della difficoltà di vivere il rapporto con un corpo che cambia rapidamente e drasticamente, così come la mente. Ma cosa accade a una generazione che è costretta a vivere distaccata, con il volto nascosto, nella predominanza dei corpi virtuali, privata del contatto con i coetanei e chiusa dentro contesti famigliari spesso pieni di ansia, angoscia e paranoia?

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Molto è stato scritto su ciò che sta accadendo, in questo tempo di pandemia, ai nostri ragazzi. Si sono lanciati allarmi e riflessioni preoccupate che condivido e che sono rimaste per lo più inascoltate. Vorrei, da psicoterapeuta di provincia, aggiungere solo tre brevi considerazioni sul tema.
Tutti sappiamo dell’importanza, nell’adolescenza, del gruppo dei pari, della fatica che caratterizza la relazione coi genitori, della difficoltà di vivere il rapporto con un corpo che cambia rapidamente e drasticamente, così come la mente. Ma cosa accade a una generazione che è costretta a vivere distaccata, con il volto nascosto, nella predominanza dei corpi virtuali, privata del contatto con i coetanei e chiusa dentro contesti famigliari spesso pieni di ansia, angoscia e paranoia?
Certo, la singolarità di ogni ragazzo disegna percorsi e processi differenti, ma questo brodo esistenziale in cui siamo immersi ha un peso. Lo si riscontra nell’aumento della violenza autoinflitta, che non si concretizza solo negli atti di autolesionismo o nei disturbi alimentari, ma anche nella caduta meno visibile in situazioni di ritiro sociale, nell’aumento degli attacchi di panico e nei blocchi emozionali che sempre più si manifestano. Lo si riscontra in altri tipi di violenza: in quella che scorre quasi sempre nascosta nella comunicazione virtuale, nel cyberbullismo e in ogni esempio di costruzione di un estremismo disperato che si rivolge verso tutto e tutti, soprattutto nelle relazioni famigliari. Lo si riscontra in molte forme di espressione dei nostri adolescenti che generano negli adulti paura, senso di colpa o, peggio, estraneità.
Dietro a tutto questo si nascondono due pericolosissime dinamiche emotive. La prima ruota intorno al senso di impotenza. L’impotenza confligge in modo radicale con la condizione adolescenziale, che è l’età per eccellenza di sperimentazione delle possibilità. Se mancano, in questa fase, i processi che consentono di sperimentare il rischio, la possibilità o addirittura l’onnipotenza, le componenti depressive prendono il sopravvento, col pericolo di compromettere il processo di crescita. Il tu puoi, o meglio voi potete, che si compie con i riti di passaggio viene mortificato, e il passaggio all’età adulta rischia di non realizzarsi, o di realizzarsi in modo amputato.
La seconda dinamica riguarda il prevalere degli equivoci più distruttivi che abitano l’animo umano. Il sentirsi destinati a una storia di potenza e di affermazione dell’io ipertrofico; l’identificarsi nella negazione delle virtù del femminile tanto da diventare incapaci di stare in relazione con l’altra metà del mondo (e questo vale indipendentemente dal genere); il partecipare a costruire capri espiatori su cui riversare la propria rabbia e il proprio vuoto interiore: sono alcuni degli atteggiamenti che portano ad aderire al lato oscuro, all’ombra.
Vi è però anche un diverso aspetto che almeno una parte degli adolescenti sta mostrando in questa pandemia. Il recupero dell’essenziale, l’uscire dalla vanità delle vanità. Ne è un segno la ritrovata sintonia con la terra, con la madre, con la natura. Lo è in ugual misura la disobbedienza gentile ma decisa con cui si rapportano ai comandamenti di noi adulti, il non aver paura di guardarci in faccia con un sorriso e con parole che incidono, la scelta di non violenza verso l’altro. La loro stessa fragilità, in questo momento, interpella la nostra, che tentiamo inutilmente di nascondere. Proprio quella fragilità che è l’unica strada che apre al possibile, e che dovremmo imparare a riconoscere come massima virtù: perché ci dice che siamo davvero tutti uguali, pur nella singolarità di ognuno, ci insegna appunto a non distinguerci fra virtuosi e non…
Tutti, a partire dai nostri ragazzi, stiamo facendo esperienza del fatto che siamo parte di qualcosa che non è sotto il nostro dominio, sotto il nostro potere: la vita.
Il rischio è che uscendo dalla pandemia ritorniamo nell’inganno di crederci al di là della vita stessa, di poterla possedere e manipolare a nostro piacimento. La nostra speranza oggi risiede proprio in quei ragazzi che non ci stanno a auto-ingannarsi e a essere ingannati. Gli dobbiamo almeno questo: ascoltare la loro voce per poterci aprire allo stupore e all’inaspettato, senza la paura e l’ansia con cui viviamo questo tempo di minaccia.

(roberto merlo, psicoterapeuta)

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