Milioni di cittadini in diverse città del nostro paese sono stati chiamati alle urne. In questa lunga campagna elettorale il tema delle politiche sociali, di quale welfare locale portare avanti, quali strumenti mettere in campo per contrastare diseguaglianze e povertà, quali risposte costruire con cittadini e reti sociali per impedire alle mafie di sfruttare a proprio vantaggio la solitudine e le difficoltà di chi è oggi più solo e vulnerabile, sono stati temi completamente ignorati da chi si è candidato a guidare le nostre città. Eppure proprio le città sono i luoghi in cui maggiormente si avvertono le conseguenze di otto anni di crisi. E' proprio sui territori che si può toccare con mano e misurare l'impatto avuto dai tagli al sociale imposti dalle politiche di austerità, dal patto di stabilità, portati avanti da tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi anni. Chiunque può rendersi conto di come sia peggiorata la condizione di vita dei ceti medi e dei ceti popolari. Per anni abbiamo assistito al mantra bipartisan che vedeva nella spesa sociale un male, considerata un costo invece che un investimento. Ma, soprattutto, per anni si è tentato di cancellare dall'agenda politica, in nome delle compatibilità finanziarie e di una presenta "modernità", il principale obbligo della Repubblica stabilito nella Costituzione: il rispetto e la difesa della dignità umana.
Con la riduzione delle risorse destinate al welfare e senza una cultura politica che metta al centro l'impegno contro le disuguaglianze, così come sancito dalla Costituzione, in questi ultimi anni l'attività istituzionale è stata esclusivamente di tipo amministrativo. L'ultimo rapporto Istat conferma questa tendenza, denunciando un Welfare fra i peggiori in Europa, un aumento delle diseguaglianze sociali e di reddito senza precedenti, un progressivo peggioramento del mercato del lavoro, un paese nel quale sono i giovani a pagare il prezzo più alto della crisi. Le politiche sociali rischiano così di essere ridotte a erogazioni di semplici prestazioni individuali che isolano l'individuo dal contesto, intervenendo solo in maniera assistenziale ed in pochi casi. Allo stesso tempo in assenza di risorse adeguate a garantire a tutti quelli che ne hanno diritto forme di protezione sociale, non solo ci ritroviamo città più impoverite ma assistiamo inermi ad una guerra tra poveri. Situazioni già reali in molte città, in particolar modo al sud, che testimoniano il dramma di una democrazia azzoppata e incapace di offrire speranza ed alternative.I poveri e gli esclusi vengono così colpiti due volte: dalle istituzioni rappresentative che non garantendo più politiche sociali efficaci violano i loro diritti sociali, e dalle mafie, che sfruttano la situazione di difficoltà e di maggiore ricattabilità di chi è ai margini, facendo crescere il loro potere di penetrazione culturale, economica e sociale, assoldando mano d'opera nelle periferie e tra i ceti popolari. I poveri pagano dunque due volte, senza avere responsabilità.I dati forniti dal rapporto Istat 2016, da decine di centri di ricerca indipendenti, università pubbliche, ong impegnate per i diritti umani e la democrazia, confermano l'aumento senza precedenti delle diseguaglianze e del rischio povertà, causati non solo dalla crisi ma da un sistema di protezione sociale inadeguato, da un peggioramento del mercato del lavoro che vede i giovani come i più discriminati e dall'assenza di una visione delle politiche sociali come strumento di contrasto alle diseguaglianze, di rafforzamento della coesione sociale e di garanzia di uno sviluppo equo e redistributivo.(giuseppe de marzo, coordinatore nazionale Miseria Ladra promossa da Libera e Gruppo Abele)