Nel 2014 si trovavano al di sotto della soglia di povertà assoluta il 6.8 per cento dei residenti in Italia. Nel 2015 sono aumentati. Apparentemente poco: lo 0.8%. Istat, nell'ultimo rapporto, dice che il 7.6 % della popolazione non può permettersi beni essenziali, quali un’alimentazione adeguata, ciò che è strettamente necessario per vestirsi, comunicare, informarsi, muoversi, istruirsi, mantenersi in buona salute e riscaldare la propria abitazione.
Come li si chiamava un tempo, i poveri. Mai così tanti dal 2005, sono 4 milioni e 598 mila: 1 milione e 582 mila famiglie.
Alcuni settori della popolazione in particolare: gli stranieri residenti al di sotto della soglia di povertà sono saliti dal 23.4 del 2014 al 28.3 del 2015.
I giovani tra i 18 e 34 anni in povertà sono aumentati in un anno dall’8 al 10.2%.
In povertà relativa, ovvero in condizione di coppia che spende meno di 1.051 euro al mese, si trova una percentuale stabile (rispetto al 2014) di famiglie. Se invece si considera il dato al di fuori delle unioni familiari si rileva un aumento: dal 12.9 a 13.7% della popolazione.
La distribuzione geografica della povertà riflette la tendenza abituale: in Molise, Basilicata, Sicilia e Calabria si trovano più del doppio della media nazionale di poveri: in alcune Regioni del Sud una persona su quattro è povera. In Toscana, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto lo è una su venti.
Dunque, povertà assoluta, relativa, rischio povertà, deprivazione materiale: aumentano gli studi, le definizioni, la capacità di analisi e approfondimento sulle condizioni della popolazione. Continua la crisi economica e, poco più o poco meno, si aggiornano ogni anno i dati. Studi, statistiche e approfondimenti che dovrebbero essere la soglia da cui intraprendere politiche concrete di risposta. Ai poveri.
(toni castellano)