Strada significa ascolto, mentalità aperta, coscienza dei limiti. La strada ci ha insegnato a guardarci dentro e a non avere paura delle nostre contraddizioni, delle nostre ambiguità
Luigi Ciotti
Il Gruppo Abele è nato sulla strada, e l'Università della Strada, fondata nel lontano 1978, è stata lo strumento per formalizzare le intuizioni che proprio dalla strada arrivavano, rendendole un patrimonio culturale da condividere. Trasformare il fare in sapere rimane ancora oggi uno dei suoi obbiettivi. E dentro questo obbiettivo si inscrive il corso di formazione, organizzato in collaborazione con il Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna, che partirà a fine gennaio.
Il corso, dal titolo “Progettazione, sviluppo e valutazione del lavoro di strada”, si rivolge a educatori, assistenti sociali, psicologi e ogni altra professione che si misura con la realtà della strada.
Sarà strutturato in 14 incontri, dal 27 gennaio al 27 maggio 2023, il venerdì e il sabato. Per iscriversi c'è tempo fino al 10 gennaio.
Qui di seguito una riflessione di Lorenzo Camoletto, operatore e formatore, sul senso e l'importanza di attivare un percorso di studi di questo tipo.
Perché un committente pubblico o privato dovrebbe pagare qualcuno per passare il suo tempo in strada, a parlare con persone più o meno sfaccendate? E quali competenze, quale formazione dovrà avere quel qualcuno semplicemente per chiacchierare con la gente?
I servizi sociosanitari, dalla biblioteca al reparto ospedaliero, dall'Informagiovani al consultorio, sono più o meno specializzati nel rispondere a uno specifico bisogno. Aspettano che i cittadini li raggiungano e si aspettano che esprimano esattamente quei bisogni, per farsene carico. Non sempre però le persone hanno la forza, lo stimolo o la consapevolezza necessari per raggiungere i servizi giusti. E non sempre per i loro bisogni esiste un servizio capace di rispondere pienamente ed efficacemente.
Così accade che i servizi pubblici leggano la realtà e i suoi mutevoli fenomeni attraverso la lente deformante della propria soglia d'ingresso, accogliendo solo quella minoranza di persone che ha avuto la volontà e la fortuna di riuscire ad attivarli. Tra l’altro spesso in ritardo, quando i problemi sono diventati più gravi e difficili da affrontare.
Intercettare tardi e male le situazioni critiche ha costi altissimi, sia sul piano individuale che collettivo. Lascia troppe persone e troppi territori sguarniti e, sul lungo periodo, tende a generare risposte repressive che nutrono proprio la stessa insicurezza sociale che vorrebbero combattere. Spesso ansia, rabbia, paura delle persone sono infatti reazione alla solitudine, al senso di abbandono: contrastarle perché non si è stati capaci di prevenirle ha ricadute economiche e umane forti.
Il lavoro di prossimità è un'attività sociale per costruire contatti e una risorsa per la mediazione di comunità, svolta in un ambiente e in situazioni che l'operatore di prossimità non controlla né organizza. È mirato a persone e gruppi che altrimenti sarebbero difficili da raggiungere e che hanno bisogno di supportoBjörn Andersson
Scendere in strada fra la gente e farsi accettare, far sentire le persone ascoltate e tradurre i loro bisogni, i loro sentimenti, per restituirli a loro stesse e agli attori pubblici, in contesti informali destrutturati, richiede un altissimo livello di competenze relazionali e tecniche. Competenze che vanno continuamente aggiornate e riadattate.
Per i professionisti dei servizi di prossimità, le abilità innate si affinano con l’apprendimento esperienziale. Tuttavia servono anche percorsi di formazione dedicati, che illuminino e valorizzino l’anticovenzionalità e la controintuitività di una figura, quella dell’operatore di strada, che ha bisogno di prepararsi all’incertezza per superare i pregiudizi e imparare a restituire, attraverso la lettura oggettiva di bisogni e problemi, anche le opportunità che spesso nascondono.