Politica, economia e cultura, ci hanno condizionato a perdere la “memoria del fuoco”, quella capacità innata che da bambini ci insegna a evitare i pericoliLucia Vastano - giornalista - Comitato NOI, 9 ottobre
Il 10 e 11 febbraio, Casacomune organizza presso la Fabbrica delle "e" del Gruppo Abele un corso sui diritti dell’ambiente, delle persone e degli animali.
Il corso si rivolge in particolare a studenti di diritto, giuristi, avvocati, giornalisti, architetti, geometri e ingegneri, attivisti ambientalisti e operatori del pubblico e del privato sociale, politici, amministratori. Si potrà frequentare sia in presenza che online.
Qui di seguito un'anteprima dell'intervento di Lucia Vastano, giornalista e portavoce del Comitato Noi, 9 ottobre, dedicato alle vittime delle stragi causate da attività economiche finalizzate esclusivamente al profitto.
In questo nostro modello di sviluppo proposto come l'unico possibile, che mette al primo posto il profitto, chi guida la nostra società si sta rivelando capace di adattarsi, di modificare e farci modificare i comportamenti responsabili di possibili gravi conseguenze?
Sarebbe troppo semplicistico rispondere che si è persa questa capacità.
Vi sono modi diversi di intendere cosa sia la salvaguardia delle nostre comunità. Non per tutti gli interessi primari sono gli stessi. Le classi dirigenti (politica, economica e culturale) hanno di fatto accettato che per far quadrare i bilanci sia necessario accettare gli inevitabili danni collaterali, accettare che vi siano le vittime del cosiddetto progresso. La nostra è la società dei rischi. A chi tocca tocca.
Da decenni oramai seguo le vicende delle vittime delle stragi provocate dal profitto e posso dire che la totalità di esse potevano essere evitate se solo ci fosse stata la volontà di farlo, imparando dalla memoria
Le montagne non precipitano di loro spontanea volontà sul lago formato da una diga, i ponti non crollano perché colpiti da un fulmine, la gente non muore per colpa del vento che spinge i fumi tossici di una fabbrica sulle case delle comunità, non è nemmeno frutto del caso se un operaio edile scivola da un ponteggio. Le guerre non scoppiano da un giorno all'altro.
Dietro ogni tragedia, anche quelle che con cinica volontà si vuole attribuire alla natura, al caso, al cigno nero, c'è sempre responsabilità umana: per averla provocata direttamente, per non essersi preoccupati di agire in tempo per evitarla o per ridurne le conseguenze.
Darwin avrebbe “bocciato” la nostra specie.
Ma se questo modello di sviluppo accetta i rischi (anche il possibile utilizzo di bombe nucleari), cosa possiamo fare come cittadini?
“La guerra è tempo di sfide, ma anche di opportunità” ha detto Dmytro Kuleba, ministro degli esteri ucraino (giugno 2022). Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, aveva appena firmato con lui un accordo per mettere a disposizione “le filiere italiane per la ricostruzione del Paese e abbiamo convenuto anche l'apertura di un ufficio presso l'ambasciata italiana proprio per accompagnare le imprese italiane in questo percorso”. Così all'inizio di gennaio, mentre il Parlamento italiano approvava a larga maggioranza l'invio di nuove armi per tutto l'anno in corso, Bonomi è andato a Kiev per aprire la nostra sede di rappresentanza. Armi per distruggere e contratti per ricostruire. È così che funziona.
In occasione del cinquantesimo anniversario del Vajont (2013) le medesime parole sono state espresse dal presidente della Confindustria di Belluno: il crollo del Monte Toc, la conseguente distruzione di intere comunità e la morte di 1910 persone sono state un'opportunità. Basta con le valige di cartone di migranti, il Vajont con le sue leggi per la ricostruzione ha permesso il miracolo economico del Nord Est. In altre parole: “non tutto il male vien per nuocere”. E se in fondo è così, perché darsi la pena di evitarlo?
Ma una società civile, la nostra umanità, ha davvero bisogno di questi orrori per progredire?
Non si tratta necessariamente di buttare via il bambino con l'acqua sporca, ma semmai di raddrizzarne le storture, quelle storture che impediscono di cambiare in meglio: in primis, è bene ricordare, la lotta alle mafie e alla corruzione, ai conflitti di interesse, alle speculazioni finanziarie che rendono sempre più ricchi i super ricchi e sempre più miserabile la vita di tutti gli altri. Un tema delicato è ovviamente anche quello della giustizia, oggi sbilanciata sicuramente dalla parte dei più forti a scapito delle vittime.
Vogliamo un mondo più giusto, più umano, più sostenibile, nonviolento. Ci vuole coraggio nella lotta, ma non dimentichiamoci che il coraggio è contagioso.