Quello che è accaduto nella città di Cizre, Kurdistan turco, a cavallo tra il 2015 e il 2016, è stato più di un eccidio: è stato un massacro. Settantanove giorni di assedio asfissiante, i carri armati dell'esercito turco tra le strade, l'aviazione, i cecchini sui tetti, il rumore incessante delle esplosioni, la popolazione asserragliata negli scantinati. Un messaggio preciso firmato Tayyp Erdogan: non sono gradite opposizioni. Alla fine, per quanto le stime non abbiano mai goduto del supporto dell'ufficialità, si sono contati quasi 500 morti civili, tutti curdi.
Faysal Sariyildiz, ex giornalista ed ex avvocato, parlamentare deposto del partito Hdp della regione di Sirnak, Erdogan non esita a definirlo "fascista". Un paio d'anni fa anzi, rilasciando un'intervista a un giornale olandese, fu ancora più specifico, definendo il presidente turco "un moderno Mussolini". Lui, Sariyildiz, ha pagato a caro prezzo la sua opposizione, queste e altre dichiarazioni, il fatto di aver denunciato le devastazioni di città e villaggi, gli eccidi del popolo curdo, l'assedio di Cizre. Piegato ma non annientato da cinque anni di carcere, da oltre due anni, da quando gli è stata tolta l'immunità parlamentare, gira il mondo per denunciare ininterrottamente la "dittatura di Erdogan". Martedì 29 maggio, di tappa a Torino, ha parlato al Gruppo Abele, chiamato dalla comunità curda della città.
A una quarantina di persone riunite in assemblea ha spiegato la necessità di continuare un'opposizione strenua in Turchia. "Erdogan non ha mai visto di buon occhio la coesione del popolo curdo, ha sempre combattuto contro di noi e punta allo sterminio, in Turchia come in Siria. Erdogan è una delle principali ragioni di forza di Daesh", spiega e ci spiega raccontandoci la sua storia personale che s'intreccia con quella politica. Storia che è un calvario di carcere, persecuzioni, morti crivellati e insicurezza politica.