Pubblichiamo un testo estratto della lettera estesa che apre il libroCara senatrice Merlin. Lettere dalle case chiuse, curato da Mirta Da Pra Pocchiesa per le Edizioni Gruppo Abele.
Cara senatrice Merlin,
la sua legge compie sessant’anni e, come ogni ricorrenza, evoca ricordi e induce a bilanci.
In questi anni alcuni suoi colleghi hanno avanzato proposte di modifica alla “sua” legge. Per fortuna tutte le proposte sono rimaste solo tali. Altri, hanno lavorato seriamente, avvalendosi anche del contributo di chi lavora sul campo, per aggiungere disposizioni relative al nuovo fenomeno della tratta degli esseri umani che interessa il mondo della prostituzione di oggi.
Come Gruppo Abele, abbiamo seguito la tematica della prostituzione negli anni.
Ebbene, Le scrivo immaginandola in questa attualità. In cui prolifica la tratta di esseri umani a fini sessuali, di sfruttamento lavorativo, dell’accattonaggio, delle attività illecite e del traffico di organi. La immagino. E provo a ripercorrere idealmente con Lei, dopo un confronto con tanti miei colleghi che lavorano sul campo da anni, la legge che viene ricordata col Suo nome, per capire se è ancora valida o se andrebbe modificata.
Ho individuato ben 10 buone ragioni che la fanno essere, a distanza di 60 anni, una legge geniale. In più, dopo anni di lavoro sul tema e sulla strada, aggiungo 10 sfide che il mondo della prostituzione pone, nel nostro tempo.
Dieci buone ragioni per dire che continua a essere, ancora oggi, una legge geniale:
1 – La sua legge è stata pensata, studiata, approfondita. Lei ha raccolto le testimonianze di chi viveva nelle case, i loro pareri, le richieste e le speranze. Ha generato dibattito e confronto. Per ben dieci anni ha lavorato per il necessario cambiamento culturale che il tema richiedeva.
2 – La sua legge ha tolto la schedatura – per motivi di ordine sanitario e di polizia – alle donne che si prostituiscono dando loro la possibilità di cambiare vita, senza portarsi dietro un’etichetta che non volevano avere, per tutta la vita.
3 – La sua legge ha offerto un’opportunità di riscatto a tutte le donne, fino ad allora schedate, che uscivano dalle case “chiuse” e i risultati, negli anni, si sono visti. Le donne si sono affrancate dalla prostituzione perché, avendo a disposizione più lavoro e lavori migliori, hanno scelto di fare altro.
4 – La sua legge punisce lo sfruttamento della prostituzione altrui. Sul reato di sfruttamento sono intervenute, a rinforzarla, leggi successive. Citiamo quanto fatto da tre sue colleghe: Anna Finocchiaro, del Dipartimento per le Pari Opportunità che ha promosso l’iniziativa; Rosa Russo Jervolino per il ministero dell’Interno; Livia Turco per il ministero per la Solidarietà sociale che, coinvolgendo alcune associazioni che operavano sul campo (Associazione Papa Giovanni XXIII, Caritas, CNCA, Gruppo Abele, On The Road), hanno ideato, nel 1998, l’articolo 18 del Testo Unico sull’Immigrazione che ha avuto il merito di riconoscere lo status di vittima (della tratta degli esseri umani), per arrivare alla legge 228 del 2003 dal titolo Misure contro la tratta di persone che è il culmine di un’investimento forte e congiunto della politica italiana sul tema.
5 – La sua legge punisce e condanna l’avviamento alla prostituzione di un/una minore prevedendo l’aggravante della pena. La sua legge non punisce chi si prostituisce e neanche chi si accompagna con chi lo fa. Ma lo permette solo per le persone adulte. Lo vieta per chi si accompagna con minori e il cliente in questo caso è punibile.
6 – La sua legge ha dimostrato che la salute si tutela soprattutto attraverso la corresponsabilità e non attraverso i certificati, che si possono contraffare, comprare. La legge 75 ha contribuito - restituendo la responsabilità a ogni cittadino, cliente o prostituta che sia - a ridurre drasticamente la diffusione della sifilide. Con l’arrivo dell’AIDS poi, che ha portato con sé il cosiddetto periodo finestra (si può avere contratto il virus ma dagli esami non viene rilevato) ogni certificato sarebbe insufficiente. Il ruolo del cliente, va detto, è determinante nella diffusione delle infezioni sessualmente trasmesse in quanto è proprio quest’ultimo che paga anche tre volte tanto la prestazione purché avvenga senza profilattico e se pensiamo che almeno il 50% dei clienti sono uomini sposati, lei può ben capire il pericolo che c’è nella diffusione delle infezioni. Accanto a ciò dobbiamo però anche tener conto della disinformazione di parte di coloro che si prostituiscono alle quali viene detto, strumentalmente, che certi rapporti non sono a rischio: si tratta di ragazze fragili, soggiogate, costrette ad accettare qualsiasi condizione di lavoro, all’aperto e al chiuso.
7 – La sua legge – e in questo sta la parte più geniale della stessa – non definisce la prostituzione un lavoro come un altro ma colloca questo scambio, per le persone adulte, nella sfera personale riconoscendo, a chi si prostituisce e a chi ricorre alla prostituzione, se adulti, la libertà di autodeterminazione.
8 – La sua legge ha dimostrato che se si vuole intervenire aiutando le persone a lasciare la prostituzione forzata lo si può fare e che il ministero dell’Interno può avere un ruolo decisivo sia per ciò che concerne l’aiuto che il contrasto. La legge prevedeva un aiuto alle donne che uscivano dalle case per rifarsi una vita. I fatti hanno dimostrato che migliaia di donne sono state aiutate in questo percorso e l’hanno cambiata.
9 – La sua legge ha insegnato che vanno individuate figure apposite, preparate (aggiungiamo, anche strumenti adeguati) per affrontare temi così complessi. Lei individuava la polizia femminile. Oggi significherebbe dotarsi, ad esempio, di mediatori culturali preparati e sicuri, di un lavoro coordinato di intelligence da parte delle forze di polizia e della magistratura, a livello nazionale e internazionale, per ciò che attiene il contrasto alla tratta e al grave sfruttamento.
10 - Il reato di favoreggiamento rimane, invece, il reato più controverso, discusso e certamente applicato molte volte in modo non conforme allo spirito con cui è stato scritto, della sua normativa, spesso a scapito di chi si prostituisce. Su questo, cara senatrice Merlin, più volte abbiamo sostenuto che era opportuno cambiare ma poi, ogni volta che ci si apprestava a discutere di cambiamenti, abbiamo sempre ritenuto che le modifiche sarebbero state tali e tante, da stravolgere l’impianto della sua legge. Un pericolo, questo, troppo alto, in termini di diritti civili, e non ce la siamo mai sentita di rischiare.
Fin qui il passato. Ma la prostituzione, come attività si adatta ai suoi tempi. E pone oggi, a tutti noi, delle sfide che qui provo a elencare. Sfide su cui riflettere.
1 - La prostituzione è e rimane legata, rispetto ai grandi numeri, a povertà, guerre e difficili situazioni sociali ed economiche dei Paesi di provenienza delle persone che la esercitano. Tuttavia, sopravvivono nei piccoli numeri tipologie di esercizio che non vanno dimenticate e che meritano un’attenta riflessione: minori italiani e migranti che vengono fatti prostituire soprattutto al chiuso; donne italiane presenti nel mondo della prostituzione in una percentuale che si aggira intorno al 10% del totale; persone transessuali e trans gender cercate per la loro diversità e alle quali i clienti pensano di poter chiedere qualsiasi cosa; tossicodipendenti che utilizzano la prostituzione per procurarsi il denaro per la droga; maschi che si prostituiscono in locali per omosessuali o in sale da ballo per signore di una certa età.
2 – La prostituzione vista dalla parte dell’offerta, che sia libera o sfruttata, è ancora in gran parte di genere femminile. Per molte donne, soprattutto migranti, la prostituzione continua a rappresentare una forma di emancipazione, perché le donne, nel mondo, sono ancora soggette a violenza fisica, sopraffazione, scarso accesso all’istruzione e al mercato del lavoro.
3 – La violenza è presente nelle storie di molte persone che si prostituiscono. Questo dato continua ad essere costante in percentuale significativa ma ancora troppo poco indagata per le ricadute che la violenza produce sulle persone.
4– La prostituzione vista dalla parte della domanda (il cliente) trova le sue motivazioni, sui grandi numeri, nella solitudine e nell’incapacità di rapportarsi con l’altro sesso. Tra le motivazioni che emergono dalle ricerche sul cliente ai primi posti si trova la difficoltà ad accettare l’emancipazione femminile e una sessualità percepita come inadeguata rispetto ai modelli proposti (l’uomo che non deve chiedere mai). É un tema questo, come lei ben sa, molto complesso. La chiusura delle case, con la sua legge, ha certamente contribuito a togliere la legittimazione di Stato a pagare per usare il corpo della donna come fosse una merce qualsiasi, ma su questi ambiti la strada da compiere è soprattutto sul piano culturale ed educativo.
5 – Visibile, invisibile, lontano. Ci sono forme di prostituzione visibile (in strada) e invisibile (appartamenti, locali, centri massaggio, privè), aperte negli ultimi anni soprattutto perché i clienti temevano di essere pizzicati e segnalati, dopo l’emanazione da parte di alcuni sindaci, delle ordinanze anti prostituzione. Ma l’invisibile per eccellenza è la Rete su cui bisogna interrogarsi, ad esempio, rispetto alla violenza che mette in circolo e alla pornografia proposta e utilizzata spesso come surrogato dell’educazione sessuale e che vede tra gli attori, in taluni casi, anche minorenni. Tra i fenomeni ancora poco visibili va considerato anche il cosiddetto turismo sessuale, chiamato anche turismo cattivo, che vede i clienti italiani ai primi posti nella ricerca di sesso a pagamento.
6 – La prostituzione non è un problema di ordine pubblico. I luoghi dove ci sono persone che si prostituiscono sono più sicuri, ci sono meno furti, rapine, scippi - lo dicono i poliziotti che operano presso le Questure - perché sono luoghi in cui c’è tanto movimento. Nella relazione dell’Osservatorio sulla prostituzione del 2007, redatta dal ministero dell’Interno di concerto con la Direzione Nazione Antimafia, con gli Enti locali e il Terzo Settore si afferma che “la prostituzione non è una questione di ordine pubblico ma una questione sociale”. Non solo. Chi si prostituisce non commette reati contro terzi ma spesso li subisce senza denunciarli (stupri, rapine, violenze, sfruttamento, riduzione in schiavitù).
Il disagio creato ai quartieri e alle zone con alta densità di persone che si prostituiscono va comunque ascoltato, preso in carico e affrontato con interventi articolati di mediazione dei conflitti.
Alcune ordinanze anti prostituzione recentemente emanate hanno avuto un grande successo mediatico per i proponenti, ma risultati effettivi contrari agli obiettivi che si erano poste. Secondo una ricerca di Cittalia, l’agenzia di ricerca dell’Anci, nella maggior parte dei casi non sono stati significativi ma, al contrario, hanno spostato il problema in un luogo contiguo (per lo più nel comune vicino) o, se il fenomeno si è spostato al chiuso, in appartamenti, centri massaggio e altro, radicalizzandolo, quindi, sul territorio.
7 - Lo zooning, i quartieri a luci rosse, la regolamentazione. Lo zooning viene proposto come mediazione tra chi vuole esercitare e consumare liberamente sesso a pagamento e chi vuole zone definite, delimitate, con persone che paghino le tasse. Eppure credo che, cara senatrice Merlin, ci sia da chiedersi se, nel 2018, sia vera libertà stare in un mercato che considera il corpo umano, in particolare quello delle donne, una merce qualsiasi. I dati ci dicono che i Paesi che hanno fatto questa scelta non hanno migliorato la vita di chi si prostituisce; hanno reso più difficile incriminare gli sfruttatori e il fenomeno della prostituzione è aumentato, così il sommerso e le attività delle mafie. Non è forse il fatto di scegliere di stare fuori da questa idea di libero mercato (rispettando le prostitute, aiutandole se vogliono) la vera libertà?
8 - Condannare il cliente, perseguirlo, multarlo? La sua legge punisce chi si accompagna con un minore e lascia all’autodeterminazione della persona adulta l’esercizio della prostituzione. Credo che lei, anche su questo, abbia fatto una scelta tutt’ora valida. Perché è difficile condannare, criminalizzare il cliente nel tentativo di risolvere le problematiche che il fenomeno porta con sé. Certamente sul perché esistono tanti clienti bisogna interrogarsi, maschi e femmine insieme (madri, sorelle e fidanzate), per capire quali sono le tante motivazioni e domande mute che stanno dietro la ricerca di un rapporto sessuale a pagamento. Punire il cliente significa ammettere una resa delle forze di polizia e della magistratura che dovrebbero contrastare il traffico e lo sfruttamento.
9 - Chiamare lavoro la prostituzione? Forse per alcune persone, libere, autodeterminate, sarebbe possibile. Ma la maggior parte di chi si prostituisce non lo è, non ha alcun potere contrattuale, né nei confronti dei clienti né nei confronti degli sfruttatori.
Ragionando sull’opportunità di inserire, oggi, dopo anni di lotte per la salvaguardia della dignità e della salute dei lavoratori, la prostituzione nel lavoro porta piuttosto a chiedersi se invece che aggiungere lavori di questo tipo non sia necessario smettere di qualificare come lavori le attività che possono ledere la salute, la dignità, l’integrità della vita delle persone.
10 - La vera sfida è la complessità. È comprendere che ciò che solleva la prostituzione riguarda tutti noi. Individualmente e collettivamente. Perché mette in evidenza le fatiche, le tensioni, le difficoltà delle relazioni tra i generi. E una considerazione del corpo, ieri come oggi, che non sempre viene valorizzato ma, al contrario, offerto, venduto, capitalizzato, comprato. Non dobbiamo nasconderci che sono, questi, terreni difficili, delicati, ma su cui proprio per questo bisogna aprire porte alla discussione e al confronto, perché siamo in un tempo di continui aggiustamenti e trasformazioni, dove un po’ si progredisce nell’emancipazione e nell’accettazione delle diverse sfumature e un po’ ci si difende, magari anche trasformandosi.
Insomma, cara senatrice Merlin, lei ha visto lungo, come sempre: con pochi articoli ha voluto indicare una strada, non facile, ma possibile, dove stare, senza etichette, per incontrare, aiutare - senza approfittare di loro - i soggetti deboli e portarli, comunque, all’autodeterminazione, senza schedature: una scelta di civiltà dalla quale non bisogna arretrare.
Così come non arretra l’emancipazione femminile (pur con tutte le fatiche a farsi strada) accanto a un nuovo maschile che avanza: forte e gentile. Così come avanza l’evoluzione dei rapporti tra i sessi che pian piano si stanno integrando. Alla luce delle sfide che il fenomeno pone, ripercorrendo con Lei le inquietudini che il tema solleva, in termini innanzi tutto di tutela dei diritti umani, di valenze culturali, morali, educative, etiche, alcuni aspetti si dipanano e possiamo affermare che se è vero che la prostituzione non si eliminerà mai del tutto - come molti altri fenomeni anche più semplici da affrontare - si può però avere, ancora oggi, l’obiettivo di ridurla drasticamente, attraverso un’azione sociale e culturale, intervenendo sul versante della domanda, dell’offerta, della lotta alla tratta e allo sfruttamento.
Con che leggi? L’ideale sarebbe, va detto, non legiferare, che vorrebbe dire non discriminare chi si prostituisce (l’autodeterminazione da lei introdotta). Credo però che oggi questo non sia ancora possibile. Non è il tempo di lasciare spazi aperti, che sarebbero riempiti da trafficanti senza scrupoli che mettono sul mercato donne, uomini, trans gender, bambini, a volte col sostegno delle stesse famiglie e di Chiese legate a doppio filo agli sfruttatori.
Quello che però dobbiamo fare è investire sulla protezione sociale, sulla promozione delle pari opportunità e sulla lotta allo sfruttamento perché ci siano sempre più persone che possano scegliere, veramente, se fare le prostitute o no. Dobbiamo lavorare sull’educazione ai rapporti per fare in modo che ci sia sempre meno domanda, dobbiamo lavorare sulla tutela dei diritti civili e sul giudizio di chi si prostituisce restituendo loro rispetto, diritti, dignità.
Per ora la sua legge continua ad essere la legge più articolata e coraggiosa, più lungimirante e geniale, come abbiamo amato definirla, che esiste.
Grazie dell’attenzione. Cordialmente.
(mirta da pra pocchiesa, responsabile Progetto Vittime Gruppo Abele)