Avere delle belle idee, di quelle che davvero, come nei fumetti, s’illuminano come lampadina accesa sulla testa, può essere facile. Solitamente, però, le belle idee hanno una specie di contraltare: non sono sempre al passo con i tempi. Sono anacronistiche, con lo sguardo puntato in avanti e con i piedi che faticano a stare nel presente. Nel 2013, per esempio, il co-sewing era già una buona idea. Ma l’Italia viaggiava un passo indietro. Nel paese della produzione artigiana, delle piccole e medie imprese, un posto capace di rompere con il passato, cambiare il presente e piantarsi nel futuro, rischiava di apparire gesta da navigatori folli.
Cucito condiviso nasce da questa combinazione perfetta tra pionerismo, buona idea, tenacia e, appunto, co-sewing. Che, detta in parole povere, significa “cucire insieme”. Più diffusamente, la sua missione si può condensare in poche parole: tessere relazioni tessendo fili.
Oggi, Cucito condiviso è una realtà, con il suo logo rosso che è un paio di forbici ma ha un che di umano. E sarà a fianco del Gruppo Abele nel percorso di In-Tessere, la scuola di formazione per sarte che stiamo provando a creare in Drop House e che proveremo a finanziare attraverso un progetto di crowfunding a partire dal 26 settembre prossimo.
Per questo, abbiamo voluto presentarveli meglio, questi nostri partner, rivolgendo a Silvia e Serena, le animatrici dello spazio e di tutto quello che all’interno accade, due domande.
Ci tracciate la carta d’identità di Cucito condiviso?
Cucito condiviso è un luogo dove chiunque voglia può venire a cucire, dove si può entrare e condividere esperienze e talenti, dove si attivano percorsi virtuosi di formazione con corsi e laboratori collettivi. Cucito condiviso è stata anche una scommessa, un’idea che in Italia ancora non era venuta a nessuno, mentre nel resto del mondo queste stesse esperienze si andavano moltiplicando, anche come risposta pratica alla crisi dei tempi. L’embrione di Cucito condiviso nasce nelle nostre teste nel 2013. Cucito condiviso vero e proprio nasce invece a Torino l’anno successivo, il 2014, prima sede nel cortile del Maglio, in pieno centro. Col tempo ci siamo spostate in una zona più periferica, nel quartiere Santa Rita. Dove siamo ancora adesso. Cucito condiviso è cercare di dare umanità a questa economia ed è anche la soddisfazione di vedere le allieve diventare sarte e vederle creare collezioni o vestiti, assolutamente artigianali, che possono vendere ai mercatini oppure online.
Avete scelto di stare al nostro fianco in questo percorso. Quanto è importante mettere a sistema le forze di un territorio?
È molto importante. Da soli non si va da nessuna parte, specie adesso che la competizione della grande distribuzione è spietata. E anzi, spesso è la sola possibilità per chi sceglie di acquistare un abito. Fare cose insieme, aiutarsi, collaborare, condividere teste e competenze. Questa è la nostra arma migliore.