Nei fatti sono gli unici veri reclusi di questo lockdown: niente scuola, niente amici, pochissime le attività sportive sopravvissute. Gli adolescenti, vortici di energie e ormoni, giornate infinite davanti agli schermi. Chiusi in casa, magari questa volta proprio soli, con i genitori là fuori a lavorare, esposti al virus. Ragazzi che, con l’arrivo del Covid, si sono ritrovati anche ad affrontare l'idea della morte in qualche modo disarmati in una società come la nostra che tende a rimuoverla. Costretti a fare i conti con la paura, l’angoscia, l'ansia. Ansia che può essere più contagiosa del virus e che, come ci racconta Maurizia Scaggiante, neuropsichiatra infantile dell’Ulss 13 Mirano, può in alcuni casi trasformarsi in disturbi del sonno e del comportamento, in attacchi di panico, fino ad arrivare ad atti di autolesionismo.
“Da quando è iniziata la pandemia abbiamo registrato tra i ragazzi una forte crescita della paura non tanto di morire quanto di perdere i genitori, di essere abbandonati. Al termine del primo lockdown hanno chiesto il nostro aiuto adolescenti che non conoscevamo, che prima non avevano problemi. Con loro abbiamo intrapreso un percorso che ha portato miglioramenti ma ora, con la seconda ondata, sono tornate le difficoltà e hanno il terrore di trovarsi di nuovo a casa da soli”.
Come possiamo aiutare i più giovani ad affrontare queste settimane di nuova emergenza?
"Con le parole si rassicura poco, questo deve essere chiaro. I ragazzi come i bambini sono in contatto con quello che pensano i genitori, hanno le antenne, è difficile barare con loro. Per intenderci, è inutile dire stai tranquillo, andrà tutto bene se poi passiamo la giornata a disinfettare ossessivamente mani e casa. E poi, certo, sarebbe fondamentale poter continuare ad andare a scuola. Anche l’arteterapia, in particolare il teatro, può essere di grande aiuto per chi ha problemi di ansia generalizzata”.
Il 20 novembre si celebra la Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, su quale diritto c’è bisogno ora di puntare i riflettori?
“Il diritto di essere ascoltati, in ogni senso. Anche quando si è chiusi tutti in casa, magari in tanti e con poco spazio. Dobbiamo inventarci qualunque cosa per aiutare i ragazzi a esprimere quello che hanno dentro. Perché ciò che non si esprime può diventare un brutto agire. Anche se non sono più bambini, giocare può essere molto utile. E la stessa cosa può dirsi dello scontrarsi, non dobbiamo avere paura dei conflitti”.
(barbara saporiti)