“Il consumo di suolo, il degrado del territorio e la perdita delle funzioni dei nostri ecosistemi continuano a un ritmo non sostenibile e, nell’ultimo anno, quasi due metri quadrati ogni secondo di aree agricole e naturali sono stati sostituiti da nuovi cantieri, edifici, infrastrutture o altre coperture artificiali. Il fenomeno, quindi, non rallenta neanche nel 2020, nonostante i mesi di blocco di gran parte delle attività durante il lockdown, con più di 50 chilometri quadrati persi, anche a causa dell’assenza di interventi normativi efficaci in buona parte del Paese o dell’attesa della loro attuazione e della definizione di un quadro di indirizzo omogeneo a livello nazionale. Le conseguenze sono anche economiche, e i costi nascosti, dovuti alla crescente impermeabilizzazione e artificializzazione del suolo degli ultimi 8 anni, sono stimati in oltre 3 miliardi di euro l’anno che potrebbero erodere in maniera significativa, ad esempio, le risorse disponibili grazie al programma Next Generation EU”.
È l'allarme lanciato dal Rapporto 2021 dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), col titolo “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”. L’Ispra lo pubblica ogni anno, da otto anni. E da otto anni il dato sul consumo del suolo è in crescita: “I dati di quest’anno confermano la criticità del consumo di suolo nelle zone periurbane e urbane, in cui si rileva un continuo e significativo incremento delle superfici artificiali, con un aumento della densità del costruito a scapito delle aree agricole e naturali”.
Il dato più interessante, per fare sintesi, è quello che dice che ogni italiano ha a disposizione circa 360 mq di ‘cemento’: erano 160 negli Anni '50. Come dire, quadrilocale con doppio bagno, più ufficio e garage per tutti quanti. Forse ci scappa anche il giardino. No, il giardino sul cemento è infattibile.
Ironia a parte, non tutti gli italiani hanno una casa del genere. Sicuramente la cementificazione non serve solo per costruzioni a uso civile. Insomma, non solo case. Esistono capannoni, strade, scuole. Ma anche capannoni abbandonati, strade in disuso e strutture dimenticate. Su questo l’Ispra, con particolare sconforto, pone l’attenzione: “invece di rigenerare e riqualificare spazi già edificati, sono stati consumati in sette anni 700 ettari di suolo agricolo e il trend è in crescita”.
La cementificazione dei centri urbani e l’occupazione di suolo, come sottolinea l’indagine, influenzano anche l’incremento delle temperature nelle nostre città, il cosiddetto fenomeno delle isole di calore.
Allora uno pensa: “Vabbè, andremo al mare”! E invece...
Pochi giorni dopo l'uscita del Rapporto Ispra, Legambiente ha pubblicato il Rapporto Spiagge 2021. Dice, brevemente: “Oltre il 50% delle nostre aree costiere sabbiose è sottratto alla libera e gratuita fruizione. A pesare su ciò, in prima battuta, è l’aumento esponenziale in tutte le Regioni delle concessioni balneari che nel 2021 arrivano a quota 12.166 (contro le 10.812 degli ultimi dati del Demanio relativi al 2018) registrando un incremento del +12,5%. Tra le regioni record ci sono Liguria, Emilia-Romagna e Campania con quasi il 70% dei lidi occupati da stabilimenti balneari”.
Tralasciando la questione dei canoni “che si pagano per le concessioni, ovunque bassi e che in alcune località di turismo di lusso risultano vergognosi a fronte di guadagni milionari”, occorre tenere conto che “a pesare sulle poche spiagge italiane è anche il problema dell’erosione costiera che riguarda circa il 46% delle coste sabbiose e che si sta accentuando a causa della crisi climatica”.
Insomma, andremo in montagna. Finché almeno quelle saranno preservate.
(toni castellano)