L’uso di droghe interessa oggi una platea di persone estremamente ampia, e contesti fra i più vari. A un mondo del consumo di strada, facilmente identificabile, si affiancano spazi diversi, pubblici e privati, ricreativi o altro, così come situazioni ibride, a scavalco fra le categorie.
Il cambiamento continuo dei contesti, così come dei gruppi coinvolti, è stato al centro dell’analisi condotta durante la Summer School Droghe e politiche urbane, organizzata da Forum Droghe e Cnca a Firenze nei primi giorni di settembre, con la partecipazione anche di diversi operatori del Gruppo Abele.
La presenza di professionisti da varie parti d’Italia ha favorito lo scambio di esperienze. A emergere su tutti il dato di una estrema variabilità del fenomeno: dal tipo di sostanze utilizzate, ai luoghi, alle occasioni. Rispetto a un tempo, la persona che fa uso di droghe non identifica sé stessa con ciò che consuma né con uno stile di vita specificamente legato a un certo tipo di sostanza, ma abita il contesto urbano in tanti modi. Per questo l’abitudine al consumo non è da interpretare come un tratto stereotipizzante, ma parte di un quadro più complesso, che per quanto riguarda le singole persone, così come i contesti interessati, si presenta ricco di sfumature e privo di contrasti netti.
Dai club ai free party (o rave, nel gergo giornalistico) al consumo legato – e talvolta relegato – agli interstizi dello spazio urbano, la comprensione approfondita dei fenomeni è la premessa per studiare interventi mirati di informazione e riduzione dei rischi rivolti ai consumatori, inclusi quelli che vanno nella direzione dell’autoregolazione e non per forza dell’astinenza.
Proprio per arricchire la discussione e associare vari punti di vista, la Summer School ha voluto la presenza di ricercatori (sociologi, antropologi), operatori che lavorano a vario titolo nelle realtà di riferimento (drop-in, progetti nei luoghi della movida e del divertimento notturno, unità di strada, comunità terapeutiche), ma anche esponenti dal mondo dei sindacati e della politica, con gli assessori al welfare delle grandi città metropolitane (Bologna, Roma, Torino, Napoli e Milano).
È emersa la volontà collettiva di avviare un discorso serio e programmatico per quanto riguarda le politiche sulle sostanze e i riflessi che hanno sui contesti cittadini (dalle metropoli ai medi e piccoli centri), e ancor prima di fornire un’analisi completa dell’impatto che le politiche attuali stanno avendo sulle zone di spaccio e consumo di droghe e su coloro che le utilizzano.
Viviamo un presente in cui la war on drugs ha fallito globalmente nel suo intento, ma dove gli approcci repressivi nei confronti di coloro che utilizzano sostanze continuano a protrarsi, lasciandosi alle spalle disastri e vittime. L’auspicio è dunque quello di vedere presto nuove politiche urbane, con un focus sugli aspetti socioeconomici e sanitari e senza ammiccamenti a facili azioni securitarie.
Leggere le città dal punto di vista dell’uso di sostanze significa rivedere le categorie interpretative generalmente e spesso erroneamente utilizzate dai media, dalla politica, ma anche da coloro che, non avendo una visione chiara dei fenomeni, intendono il mondo della droga come un tutt’uno indistinto che porta in sé inevitabilmente degrado, pericolo e necessità di risposte emergenziali e repressive. Le politiche urbane volte a bonificare le zone di spaccio e consumo, oggi molto diffuse anche perché strumento di consenso immediato, comportano in generale un peggioramento delle condizioni di vita delle persone coinvolte e non risolvono il problema del “degrado urbano”, che spesso viene semplicemente spostato altrove. Dallo scandalo per la movida notturna alla generica paura del drogato si osservano un ventaglio di preconcetti e metodi di gestione del territorio alimentati dal terrore e dalla sfiducia, più che da una visione lucida e umanitaria.
L’analisi dei bisogni di chi fa uso di droghe è un passaggio fondamentale per costruire politiche e progetti che siano invece realmente utili ai destinatari. Ed è a partire dalla prossimità, come quella attuata dai servizi di Riduzione del danno, che si possono raggiungere le persone in maniera più diretta e sincera, captando ciò che davvero le aiuterebbe – e verosimilmente alleggerirebbe anche i problemi di contesto.
La Riduzione del danno, uno dei quattro pilastri delle politiche sulle droghe (insieme a Trattamento, Prevenzione e Repressione del narcotraffico) si rivolge in particolare a quelle persone che, per qualsiasi motivo, non sono in grado o non desiderano rinunciare all’uso di sostanze psicoattive. Il suo scopo è che si passi a un uso più consapevole, limitando i danni correlati. Lasciando uno spazio di autonomia all’individuo, si favorisce un lavoro sull’autoregolazione che, per quanto difficile da comprendere da chi è estraneo a questo mondo, è spesso l’unica opzione praticabile per salvaguardare la vita e la salute di tanti.
Il lavoro di molti amministratori, ricercatori e operatori, compresi quelli del Gruppo Abele, riparte oggi dagli stimoli raccolti a Firenze. Col desiderio di contribuire, nel corso dei prossimi mesi, alla co-costruzione del percorso di ricerca collettivo avviato alla summer-school. E con la voglia di continuare a incidere in positivo, sia nelle singole realtà urbane che nelle letture e scelte di respiro nazionale.
(nicholas medone - ricercatore e operatore Drop-in Gruppo Abele)