La sera in cui Filippo e Leone hanno finito di mettere su il nuovo campo da basket del Centre Abel, a Grand Bassam, dicono è accaduta una cosa incredibile. Dopo aver tirato due tiri a canestro, avevano lasciato lì il pallone a spicchi, per andare a riposare, stanchi ma contenti della loro stessa stanchezza. Passa poco tempo e cominciano a sentire rumori e un vociare insistente. Si guardano, si domandano chi possa essere, a quell'ora, a cinque chilometri e più dalla grande città, a essersi avventurato fin lì. Fuori, nel campetto, completamente al buio, non si capisce facendo appello a quale particolare abilità, decine e decine di ragazze e ragazzi, della comunità del Gruppo Abele e non solo, stavano giocando a pallacanestro.
Filippo, che oggi è tornato in Italia, nella sua Siena, a distanza di qualche settimana sorride ancora quando lo racconta. "Che bella cosa abbiamo fatto", dice. E con questa frase, tirata fuori quasi come un sospiro di sollievo, si riferisce certo al campetto nuovo di pacca inaugurato il 15 ottobre con una di quelle inaugurazioni che ormai abbiamo imparato a conoscere bene e che hanno poca solennità ma tanta importanza per le comunità ivoriane. Ma anche a quello che questo piccolo grande passo l'ha reso possibile: il progetto di crowdfunding Coast to Costa, promosso dal Gruppo Abele con le senesi Corte dei Miracoli e Mens Sana Basketball Academy e che ha permesso di raccogliere, in un mese e mezzo di donazioni, oltre 4400 euro sulla piattaforma Eppela.
Filippo, che di cognome fa Amari, e ama il basket come un comandamento, è stato con Leone De Vita ed Emiliano Cottini uno dei più accesi sostenitori della campagna. Inizialmente, il proposito era di raccogliere fondi per mettere in piedi una prima scuola di basket popolare per i giovani di Grand Bassam. Ma questo ultimo lievitare dei costi e le risorse inferiori al preventivato, non hanno permesso, per quest'anno, di realizzarlo. Nel frattempo però quello che fino a una manciata di settimana fa era un campo stanco, mangiato dalla polvere e dall'erbaccia, con canestri raffazzonati e con ipotesi di linee di fondo al posto delle linee vere, oggi è stato finalmente sostituito da una struttura vera. "A cui mancano le luci e qualche rifinitura, ma per ora già questo sta facendo gioire decine di persone", spiega Filippo che quei sorrisi li ha visti.
E adesso? "Adesso è il tempo di farlo funzionare. In collaborazione con altre associazioni ed enti ivoriani abbiamo messo in piedi una piccola polisportiva, con tanto di giocatori e allenatore". Ma farlo funzionare è come sempre facile a dirsi e ben più difficile a farsi: "Il campetto del Centre Abel dista dalla città qualche chilometro e quei chilometri i ragazzi e i bambini li devono fare a piedi, perché i mezzi pubblici sono quel che sono e non esistono alternative. E poi servirebbe l'illuminazione e tutta la logistica per mettere in piedi i camp che ragazze e ragazzi ci chiedono. Ci sono da trovare fondi e qui risorse non ce ne sono molte".
E pure se la realtà è dura, ora più che mai, "il sogno ha da continuare".
(piero ferrante)