Da qualche anno c’è un murales che accoglie i passanti su via Roma, lungo il muro che circonda la comunità dell’associazione Il filo d’Erba di Rivalta. E’ stato realizzato da Francesco, un ragazzo rivolese, in “memoria di chi ha perso la vita” lungo le nostre coste. Ci aveva particolarmente colpito il naufragio del 3 ottobre 2013; un episodio di una vicenda che da anni detta quel conteggio infinito di chi non ce l’ha fatta, in quel mare che, come scrive Erri De Luca, “custodisce le vite, le visite cadute”.
E la riflessione nasce spontanea: ci dev’essere un altro modo di viaggiare per chi scappa; perché la fuga non può essere più rischiosa di ciò che ci si lascia alle spalle. Perché fuggire da una guerra è un diritto, ma anche un dovere. Perché nessuno dovrebbe essere costretto a morire nel deserto o in mare.
Così quando gli amici dell’associazione Accomazzi e dell’unità pastorale 9 di Torino ci hanno proposto di accogliere una famiglia siriana abbiamo accettato di dare il nostro apporto ad un progetto coraggioso, quello dei Corridoi umanitari, sostenuto dalla Tavola Valdese e dalla comunità di Sant'Egidio. Abu Abdhalla, Khaldie e i loro 9 figli sono arrivati a Rivalta da un campo profughi del Libano, dopo la fuga dalla loro casa di Aleppo, con un volo aereo, le loro poche borse, i loro sorrisi, le loro paure e qualche manciata di semi da piantare nell’orto della comunità. Da quei semi nasceranno verdure che condivideremo nei prossimi mesi. Da questa esperienza l’augurio che ci facciamo per questa imminente Giornata mondiale dei Rifugiati, è che possano crescere le alternative valide ai mortali barconi, un diverso approccio alle migrazioni e un futuro sereno per questa famiglia.
Cinzia Bertini e Carlo Cassinis
associazione Il Filo d’erba