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C’è un intreccio profondo tra la vita delle persone e la vita delle città. Le vite degli uomini e delle donne, dei bambini e degli anziani, prendono forma (o si deformano) nell’interazione costante con le risorse della città. La salute e la malattia, la sofferenza e la povertà nascono dentro le dinamiche dei luoghi, prima ancora che nella psiche o nei corpi dei singoli.
Le città, insomma, non sono solo il teatro, ma la fabbrica delle vite: le vite, come ogni organismo vivente, fioriscono o deperiscono in relazione alle risorse che trovano nei contesti perché ogni vita è sempre «contestualizzata». Ed è cruciale oggi – in tempi in cui si privatizza l’esistenza, si depoliticizza la vita – assumere questa lettura della condizione umana, capace di ri-articolare l’individuale al sociale, l’io al noi, il privato alla cittadinanza.
La sofferenza, ha detto su queste pagine Benedetto Saraceno, «pur restando una esperienza soggettiva ha sempre in sé uno statuto politico. Perché il contesto della città (il modo in cui è organizzata, le sue politiche, il suo essere escludente o ospitale…) ha ricadute nella vita privata di ciascuno».
Si pensi ai quartieri degradati delle periferie urbane o alle vite disperate di migranti sistematicamente esclusi da ogni accesso alle opportunità della città. Si pensi a chi finisce in strada perché mancano soluzioni abitative a prezzo contenuto e in strada vede dimezzata la propria aspettativa di vita perché in strada si muore prima.
L’intreccio tra storie private e storie della città va oggi svelato e tematizzato. Storicamente questa lettura delle umane fatiche ha costituito una matrice del lavoro sociale, che si è un po’ smarrita in anni di specialismi dilaganti e approcci medicalizzanti o psicologistici ai problemi. Ma è con questa lente che dobbiamo tornare a leggere la profonda infelicità degli esclusi. Questo tema sarà l’oggetto di un convegno che la rivista sta preparando con Asp Città di Bologna e Comune di Bologna, su come oggi far fronte alle marginalità urbane.
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(editoriale al numero 333 di animazione sociale, a firma della redazione della rivista)