NotizieQuando un figlio diventa violento

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Un genitore, spesso, di fronte alla crescita di un figlio ha la sensazione di essere un osservatore passivo. Il cambiamento fisiologico porta con se trasformazioni profonde sul piano fisico e sul piano psicologico, caratteriale, talvolta con dei passaggi repentini che quasi fanno sentire una madre e un padre incapaci di riconoscere quella persona nuova, trasformata, che si trovano di fronte.

Se questo è un momento abituale, un passaggio in qualche modo atteso del proprio cammino di vita, possono verificarsi delle situazioni limite, nelle quali la conflittualità genitori-figli assume caratteristiche ben più negative ed inquietanti. La violenza infatti può diventare protagonista di queste relazioni, una violenza di tipo psicologico, verbale o fisico, perpetrata dai figli ai danni dei genitori.

Questo fenomeno prende il nome di parental abuse, o violenza filio-parentale ed è purtroppo più diffuso di quanto si possa credere. Alla base possono esservi dei disagi di tipo psicologico, non necessariamente delle problematiche francamente psichiatriche, oppure può fare da corollario a situazioni di abuso o dipendenza da sostanze o comportamentali. In questo caso, gli agiti, le vessazioni, possono essere compiute con la finalità di estorcere del denaro, per far fronte all’impellenza di ottenere la sostanza, oppure per estinguere dei debiti.

Le madri e i padri coinvolti in queste situazioni sono costretti ad attraversare momenti di angoscia, di incertezza, di solitudine e talvolta anche di paura. Non riescono più a stabilire un contatto con chi, poco prima, era loro tanto vicino. Non riescono a riconoscere, a comprendere. Nei sentimenti si fa strada l’ambivalenza, da un lato il desiderio di aiutare, di stare vicini e dall’altro la rabbia, la paura e la sensazione che non ci sia via di uscita.

Per superare queste problematiche occorre comprendere a fondo il significato di quella violenza, capire cosa voglia comunicare e da quale disagio scaturisca. È necessario quindi ascoltare il ragazzo, offrendo un luogo differente rispetto alla famiglia in cui possa esprimersi liberamente. A fianco a ciò bisogna poi pensare all’accoglienza dei genitori, provando a costruire un linguaggio differente che permetta di comprendersi e riconoscersi nuovamente l’uno nello sguardo dell’altro.

Con il progetto Le Querce di Mamre, realizzato con il contributo del Fondo di Beneficenza del Gruppo Intesa San Paolo, il nostro intento è proprio quello di offrire dei percorsi psicologici ed educativi ai ragazzi e ai genitori, oltre che una possibilità di consulenza giuridico-legale che potrebbe rendersi necessaria in casi limite. Abbiamo inoltre realizzato uno spazio di decompressione, una vera e propria casa dedicata ai genitori che non possono più sostenere situazioni conflittuali troppo opprimenti, senonché pericolose. Tutto ciò è stato pensato per aiutare le persone ad attraversare questo momento di inquietudine e per costruire nuove modalità di stare insieme.

(marco foglino, psicologo del servizio di Accoglienza del Gruppo Abele)

 

Per informazioni e colloqui, Servizio Accoglienza e primo ascolto: (+39) 011 2486221; accoglienza@gruppoabele.org

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