Impegnata a discutere del terrorismo islamico e di un’Europa che perde i pezzi, la maggior parte dei giornali italiani ha dato poco spazio al documento conclusivo che la Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, presieduta da Michela Brambilla, ha stilato dopo un’indagine durata quasi due anni e mezzo. Il lavoro intendeva far luce su un fenomeno molto complesso e assai più diffuso di quanto si pensi: la prostituzione minorile. “La prostituzione minorile è un fenomeno ad alta complessità economica, sociale, giuridica, educativa ma anche culturale”, chiarisce il documento. “Le situazioni di disagio minorile in cui si inquadra il fenomeno della prostituzione si possono riassumere in tre grandi filoni:
-ragazze e ragazzi provenienti da famiglie in situazione di difficoltà economica
-altri che pur non avendo problemi di natura economica, soffrono di carenze culturali, psicologiche o affettive
-infine il crescente numero di ragazze e ragazzi provenienti da Paesi extracomunitari o dall’Europa orientale”.
Al fine di elaborare un rapporto completo e in grado di restituire la complessità del fenomeno, sono state sentite persone, associazioni ed enti impegnate quotidianamente su questo tema.
Anche Mirta Da Pra Procchiesa, responsabile del progetto Prostituzione e tratta delle persone del Gruppo Abele, è stata ascoltata in audizione, ponendo l’attenzione anche sui contesti agiati in cui può svilupparsi la prostituzione minorile. Sebbene si sviluppi principalmente nelle situazioni di marginalità, non bisogna dimenticare che alcuni minorenni si prostituiscono per accedere a beni di lusso come smartphone e capi firmati. “Bisognerebbe – sottolinea il rapporto - iniziare seriamente a porre l’attenzione sulle famiglie, sui genitori che, a volte inconsapevolmente, sostengono e incentivano certe condotte dell’apparire, del mettersi in mostra”. Un esempio recente è quello delle baby squillo dei Parioli, a Roma. Molti casi di prostituzione minorile, come sottolinea la stessa relazione, possono essere determinati semplicemente “da noia o da disagi adolescenziali”.
Dunque, come si può notare, lo stesso inquadramento del fenomeno risulta difficile, così come la sua reale quantificazione. Di certo, i nodi fondamentali su cui occorre lavorare sono tre:
- le malattie sessualmente trasmissibili: un aspetto che emerge con prepotenza è che questi ragazzi conoscono poco le malattie sessualmente trasmissibili, non usano il profilattico perché lo ritengono superfluo o perché il cliente non vuole usarlo o “perché così possono chiedere 10 euro in più per vendere il proprio corpo”.
-le nuove tecnologie: lo sviluppo dei nuovi sistemi di comunicazione ha indubbiamente favorito la diffusione di tutti i fenomeni connessi all’abuso di minori. “I casi più recenti di pedofilia e abuso su minori – evidenzia il documento - nascono proprio dalla rete che agevola enormemente l’adulto nell’entrare in contatto con il minore, spacciandosi lui stesso per tale”. E i ragazzi probabilmente sono scarsamente educati ai pericoli a cui possono andare incontro: la stessa Mirta Da Pra ha sottolineato la grande leggerezza con cui i minori comprano o vendono prestazioni sessuali sul web.
-la globalizzazione: “allo stato attuale nel nostro Paese si prostituiscono sia minori immigrati che italiani, rom e minori stranieri non accompagnati”, avverte il rapporto. Tuttavia nell’ultima ricerca condotta dalla Caritas con il Gruppo Abele emerge un aumento notevole di minori stranieri costrette a prostituirsi. Si tratta perlopiù di giovani e giovanissime provenienti dalla Nigeria (spaventate e costrette a tacere con i riti vodoo), dall’Albania, dalla Romania, o di etnia rom. “ Il circuito della prostituzione minorile attinge sempre le proprie vittime in situazioni di disagio”: le ragazze e i ragazzi che finiscono sulle nostre strade fuggono da violenze familiari, storie di abusi, e spesso vengono portati in Italia con l’illusione di ottenere un lavoro.
(valentina casciaroli)