Negli ultimi anni l’Europa è attraversata da venti di intolleranza e di chiusura contro le persone di origine straniera e in particolare contro coloro che arrivano alle nostre frontiere in cerca di protezione. I governi e i parlamenti, con scarsa lungimiranza, anziché dare risposte giuste ed efficaci attraverso regole che consentano alle persone di attraversare le frontiere in sicurezza e legalità, alimentano le paure, spesso attraverso campagne di vera e propria criminalizzazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati.
È così che nel 2016 l’UE ha scelto di siglare un accordo con Erdogan, per bloccare centinaia di migliaia di persone in fuga dalla guerra e dalle persecuzioni, in prevalenza siriani, afghani e iracheni, impedendo loro di raggiungere i confini europei. Allo stesso modo l’Italia, con il sostegno di tutta l’UE, per aggirare il divieto di respingimento previsto dalla Convenzione di Ginevra, ha concepito la SAR libica e la cosiddetta guardia costiera, bloccando decine di migliaia di persone nell’inferno dei centri di detenzione dove, come più volte denunciato dal Procuratore della Corte Internazionale dell’Aja, si commettono crimini contro l’umanità.
Torture, stupri, violenza diffusa, omicidi e riduzione in schiavitù perpetrate dalle stesse milizie che si contendono il territorio e gestiscono la cosiddetta guardia costiera, con l’assordante silenzio dei governi UE che, di fatto, avallano una forma di respingimento delegata.
Intanto ad est dell’UE, sulla rotta balcanica e non solo, i governi, con il consenso di quasi tutte le forze politiche e dei parlamenti, hanno avviato la costruzione di muri, ricorrendo a forme sempre più sofisticate di controllo delle frontiere per impedire alle persone in fuga di mettersi in salvo. In linea con questa tendenza e, anzi, anticipandola in qualche modo, l’UE ha organizzato un vero e proprio esercito che risponde all’Agenzia Frontex, per controllare le frontiere esterne. Laddove non vi sono muri, è sistematica la pratica dei respingimenti illegali alle frontiere esterne di coloro che cercano di chiedere protezione a uno stato dell’Unione. Tale impedimento è attuato anche attraverso l’uso delle cosiddette “riammissioni informali” alle frontiere interne, in un meccanismo a catena che ha il medesimo obiettivo: allontanare il cittadino straniero dal territorio UE e impedirgli di accedere alla domanda di asilo. L’Italia, proprio sul confine italo-sloveno, si è resa responsabile nel 2022 di gravissime violazioni in tal senso.
L’idea che emerge con chiarezza, anche dall’argomento principale usato dai leader di molti dei Paesi UE, è che siamo sotto attacco e che il nostro nemico è rappresentato da decine di migliaia di profughi in fuga dalle guerre, da famiglie, in prevalenza da minori. Un nemico che vuole, pacificamente e
senza nascondersi, costruire il proprio futuro in sicurezza lontano da guerre e violenze.
Noi pensiamo, invece, che l’Italia e l’Europa dei popoli siano migliori di questa pericolosa caricatura che intende impedire a chi cerca protezione di trovare spazio per una vita dignitosa, negando la propria storia, la propria cultura e civiltà giuridica e costruendo muri.
Per questo il 13 maggio abbiamo aderito alla prima Marcia contro i muri e per l’accoglienza alla frontiera tra Slovenia e Italia, ultima tappa di quella rotta balcanica lungo la quale si infrangono le speranze di decine di migliaia di persone. La marcia è stata lanciata dall'Arci. Vogliamo dare voce a quella parte di Europa e d'Italia che non si arrende ai muri e alle paure e che vuole tutelare i diritti delle persone in cerca di protezione. La marcia sarà di circa 5 km, con partenza alle 15 dal Castello di Socerb (Capodistria), e l'arrivo alla Piazza centrale di San Dorligo della Valle alle 16.30 circa.