Sono oltre 5 milioni, e con il loro lavoro producono 127 miliardi di euro, poco meno del gruppo Fiat. E costano, complessivamente, 15 miliardi. Sono i lavoratori stranieri residenti nel nostro Paese: la Fondazione Leone Moressa di Mestre ha analizzato, nel suo Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione, i benefici che il lavoro degli stranieri apporta alle casse pubbliche.
Spesso si sente dire che sono scansafatiche, che “vivono a spese nostre”. Altre volte che “sono più tutelati degli italiani”. Sono questi i pregiudizi più comuni verso gli stranieri che abitano nel nostro Paese. Ma la situazione che ha fotografato la Fondazione Moressa, nel suo Rapporto annuale, è ben diversa.
Su 5 milioni di stranieri residenti nel nostro paese, l’8,3% della popolazione totale, 2,3 milioni di loro lavorano e contribuiscono al Pil. Un bilancio che, secondo il Rapporto, è “in attivo”, visto che producono oltre l’8% del Pil, 127 miliardi – la Fiat ne vale 136 – e costano alle casse pubbliche solo 15 miliardi - l’1,75% della spesa totale.
Positivo è anche l’impatto che la loro attività ha sulle pensioni: i più anziani beneficiano della manodopera straniera, visto che, nel 2014, ha contribuito a versare 10,9 miliardi di euro nelle casse dell’Inps, che equivalgono, in media, a 640mila pensioni italiane. A cui si aggiunge anche il gettito Irpef pagato dai contribuenti stranieri, l’8,7% del totale, pari circa a 6,8 miliardi.
In aumento anche le imprese a conduzione immigrata (+21,3% nel periodo 2011-2015) , in controtendenza rispetto a quelle italiane, che sono diminuite del 2,6%: è stato stimato dalla Fondazione Moressa che lo scorso anno le aziende straniere erano 550mila, e che il loro valore equivaleva a 96 miliardi.
Il rapporto ci dice, in poche parole, che senza il lavoro degli immigrati, l’economia italiana perderebbe immensi vantaggi. Anche perché, come ha sottolineato l’analista Enrico De Pasquale durante la presentazione dello studio al Viminale, ne beneficia soprattutto la struttura demografica italiana: gli stranieri in età lavorativa sono il 78, 1% gli anziano solo il 3%, contro, rispettivamente, il 63,2% e il 23,4% degli italiani. Una frattura che è destinata ad accentuarsi, viste le previsioni: si calcola che entro il 2050 la popolazione in età lavorativa calerà di un terzo, e che gli anziani aumenteranno di 6,5 milioni. I numeri parlano chiaro, se pensiamo che ben il 47% della popolazione straniera residente in Italia è occupata, contro solo il 36% di quella italiana.
Persistono inoltre delle differenze di reddito molto alte tra italiani e stranieri, dovute perlopiù al fatto che quest’ultimi si prestano spesso a lavori scarsamente qualificati (66%). Si pensi che nel 2015 le famiglie straniere con un componente sotto la soglia di povertà erano il 38%, contro il 6% di quelle italiane. Una buona percentuale di quei 4,6 milioni di persone che vivono in povertà assoluta, come sostenuto dall’Istat lo scorso luglio. Un fenomeno a cui bisogna rispondere subito con politiche sociali adeguate ed efficaci
(giacomo pellini)