Anche questo autunno la Certosa1515 fa da sfondo a #iocivado, il campus del Gruppo Abele dedicato ai giovani. Insieme parleremo di tematiche di stretta attualità, immigrazione e dipendenze, cercando di de-costruire gli stereotipi e fuggire i luoghi comuni. Persone, non problemi: questo era un vecchio slogan utilizzato dalla nostra associazione nei suoi primi anni di attività. Cinquantuno anni dopo siamo ancora qui, a incontrare i volti e le storie che si celano dietro fenomeni complessi. Crediamo che sia proprio attraverso l'incontro, lo scambio e la condivisione che si possa arrivare ad una conoscenza profonda e non solo nozionistica dei grandi temi del nostro oggi. In questi quattro giorni insieme affronteremo le tematiche dell'immigrazione e delle dipendenze sia in un'ottica macro, grazie all'aiuto di esperti e operatori del settore, ma anche in un'ottica micro: incontrando richiedenti asilo e persone con problemi di dipendenza. Perché prima dei numeri, delle emergenze, degli sbarchi, dell'allarme sicurezza e del degrado, ci sono loro: le persone.
Anche in quest'edizione dedicheremo alcune serate alle nuove dipendenze e alla sessualità e al genere; tutti temi su cui i giovani vogliono dire la loro in un contesto di confronto, condivisione e assenza di giudizio.
E saranno proprio loro, i nostri giovani partecipanti provenienti da tutta Italia, a raccontarci il campus attraverso un diario giornaliero. Buona lettura a tutti!
20 ottobre 2016
A scrivere la prima puntata del nostro diario sono Monica e Cecilia. Hanno 29 e 27 anni, sono entrambe piemontesi, amano la letteratura, la comunicazione e... disegnare! Il loro diario non poteva essere solo trascritto: meritava di essere fotografato!
A raccontarci le attività serali sono invece Roberto e Valentina. Lui, lucano trapiantato a Siena, è un giovane studente di medicina mentre lei sta svolgendo un anno di servizio civile volontario ad Aliseo, associazione che si occupa di persone con problemi di alcolismo.
Durante l'attività di intrattenimento e svago organizzata da Elisa, ci hanno divisi in quattro gruppi chiedendo a ciascun componente di legare le proprie gambe a quelle dei compagni. Il gioco consisteva in una gara lungo i corridoi: i vincitori avrebbero avuto un vantaggio per il gioco successivo, ovvero una caccia al tesoro fotografica. Gareggiare insieme e arrivare tutti uniti al traguardo è stato più faticoso che correre singolarmente ma ci ha aiutato a capire l'importanza della cooperazione nel gruppo: da soli non si vince mai!
(Roberto e Valentina)
21 ottobre
La sveglia suona alle 7:30 e, sorvolando sulle colonne sonore scelte da Dario per far alzare tutti, il campus entra nel vivo. A raccontarci la mattinata sono Matteo e Chiara per il gruppo immigrazione e Carola e Mariella per il gruppo dipendenze.
Dopo esserci conosciuti meglio in queste prime ore insieme, siamo stati divisi nei gruppi che avevamo scelto al momento dell'iscrizione: immigrazione e dipendenze. Nel nostro caso l'attività prevista è stata un word-cafè riguardante tre temi inerenti i fenomeni migratori: la tratta di esseri umani, la richiesta d'asilo e le seconde generazioni. Ogni sottogruppo, a rotazione, aveva a disposizione articoli e documenti sia del Gruppo Abele sia di quotidiani nazionali per trarre idee, riflessioni e/o domande da appuntare su un cartellone. Successivamente, grazie anche all'intervento dell'antropologa Irene Capelli, ci siamo confrontati sui pensieri scaturiti in ogni sottogruppo.
La mattinata è stata positiva e inquietante allo stesso tempo perché ci ha fatto rendere conto di quanto sappiamo poco di questi fenomeni. Avreste mai detto che i primi dieci Paesi al mondo che accolgono rifugiati sono tutti extraeuropei? Sapevate che, in media, i viaggi affrontati dai migranti costano 1.600 dollari, cifra esorbitante se paragonata al costo della vita dei paesi di provenienza? Avreste mai pensato che in alcuni Paesi la mafia sia l'unica risposta possibile a chi sogna una vita migliore e che l'Italia lucri sul dolore altrui? Come vi sentireste se il Paese in cui siete nati, cresciuti e che considerate come casa vostra continuasse a definirvi "stranieri"?
Attraverso questa esperienza abbiamo compreso l'importanza di non mettere la parola "fine" a questo dialogo e di sensibilizzare al riguardo le persone che ci circondano, sia con una semplice testimonianza che con gesti concreti. Antoine de Saint Exupéry diceva: "Se differisco da te non ti offendo, ti accresco".
(Chiara e Matteo)
Il gruppo dipendenze ha affrontato il word-cafè tematico con l'aiuto di Paola, responsabile della comunità Cascina Nuova di Roletto e di Mauro, responsabile della comunità mamma-bimbo di San Mauro. Abbiamo aperto l'attività con le presentazioni dei singoli partecipanti, dopo di che Marco si è presentato a sua volta e ci ha descritto come ha iniziato la sua esperienza al Gruppo Abele. Da civilista ha conosciuto le diverse realtà del Gruppo per diventare prima operatore e poi responsabile della struttura di San Mauro. Nata a Cavoretto come struttura per accogliere bimbi sieropositivi, è gradualmente diventata una struttura atta a ricevere mamme con problemi di dipendenza, mentre oggi si occupa di donne con figli che vivono situazioni di violenza, alta conflittualità familiare e forme di marginalità sociale. Insieme a Mauro abbiamo discusso la situazione di dipendenza affettiva che vivono queste persone e come si instaura il ciclo della violenza. Riflettiamo, inoltre, sul tema della responsabilità genitoriale. I due responsabili ci hanno inoltre portato alcuni contributi video che ci fanno riflettere, in modo ironico e conviviale, sulla dipendenza da internet e social network.
Insieme abbiamo poi visto un cortometraggio molto emozionante chiamato "Il circo della farfalla" che racconta una storia di diversità e disabilità e ci aiuta a riflettere sulle possibili risorse alle quali ciascuno di noi può attingere.
Dopo Mauro interviene Paola che ci racconta l'impegno della sua comunità contro l'alcolismo. In particolare ci porta un'esperienza vissuta con una ragazza in comunità e del suo tortuoso percorso per uscire dalla dipendenza. Ci parla di come le relazioni e, soprattutto, la fiducia in una relazione sia un motore di cambiamento.
Infine riflettiamo su quanto sia importante disinnescare il pilota automatico che porta a fare sempre le stesse cose e a condividere cosa si è stati in una relazione, senza cercare nuovi modi per esserci in quelle relazioni. La mattinata si è poi conclusa con le domande poste da alcuni di noi agli esperti.
(Carola e Mariella)
Nel pomeriggio è tempo di passeggiata narrativa: non più esperti ma testimoni diretti ci racconteranno la loro storia di migrazione e dipendenza. A fare un resoconto dell'attività è Giacomo, veronese, studente di scienze politiche e aspirante giornalista.
Dal Senegal alla Costa d'Avorio, passando dall'Algeria per poi arrivare in Libia. E da lì prendere un balcone per l'Italia. E' la storia di Cherifo, un ragazzo senegalese che abbiamo conosciuto durante la passeggiata narrativa, un percorso lungo i boschi attorno alla Certosa1515 di Avigliana. Uno dei momenti che hanno condiviso una trentina di giovani dai 18 ai 29 anni in occasione della terza edizione di #iocivado, il corso di formazione su varie tematiche organizzato dal Gruppo Abele. Ma quella di Cherifo non è l'unica storia che abbiamo ascoltato. C'è poi John, arrivato in Italia dopo una rocambolesca fuga dal suo Paese, la Nigeria. John è stato chiamato dal capovillaggio del suo Paese a combattere una guerra etnica contro gli abitanti di un villaggio vicino al suo. Ma John non ha voluto imbracciare le armi e per evitare di essere ucciso ha deciso di scappare, spronato dalla famiglia. Sia John che Cherifo vivono vicino Venezia e stanno aspettando il responso delle richieste d'asilo.
Filli, 32 anni, del Mali, faceva la guida turistica nel suo Paese. E' scappato dopo l'inizio delle violenze attraversando il Sahara, viaggio durante il quale sono morti alcuni dei suoi compagni. Giunto in Libia Filli è stato sequestrato e ridotto in schiavitù da un ufficiale dell'esercito che lo costringeva a lavori pesantissimi per una paga da fame. "Sono arrivati gli schiavi", ha detto l'ufficiale alla moglie dopo aver portato John e i suoi compagni al suo cospetto. Ora Filli vive ad Avigliana ma pensa sempre a sua mamma e alla sua bambina che sono rimaste in Mali. Un giorno spera di rivederle.
Ma non ci sono solo le testimonianze di chi fugge da violenze e guerra. C'è anche chi combatte una guerra molto più subdola e sottile: Salvatore, 52 anni, ha trascorso anni in comunità per pulirsi dall'eroina. Ha deciso di affrontare questo percorso dopo aver fatto 11 anni di carcere, ora sta meglio anche se la strada da fare è ancora lunga.
Tutte storie diverse ma accomunate dalla voglia di andare avanti e di lasciarsi il passato alle spalle. E possiamo dire che tutti loro, John, Cherifo, Filly e Salvatore, hanno vinto le loro battaglie. Anche se il doimani è pieno di incertezza. E noi non possiamo che augurargli il miglior futuro possibile.
(Giacomo)
La serata è invece dedicata alla sessualità e alle tematiche di genere. Nelle scorse edizioni di #iocivado è emerso un grande bisogno da parte dei giovani di condividere esperienze, porre domande, chiarire dei dubbi. Ebbene sì: anche nell'epoca di internet e dell'iperconnessione, della pornografia gratuita e accessibile a tutti, le domande rimangono ancora tante e gli interlocutori credibili non sono mai abbastanza. L'esuberante Christian e la dolcissima Cherifa ci raccontano questa serata.
Ornella Obert, coordinatrice dell'area vulnerabilità e vittime del Gruppo Abele, insieme alla volontaria Rossana ci hanno raccontato l'assistenza che quotidianamente forniscono a chi incontra problematiche legate ai temi di genere. Tante le domande scaturite durante il dibattito: cos'è la donna? Cos'è l'uomo? E' utile applicare delle etichette alle altre persone? Esistono tantissime eticchette, più o meno strette: alcune ci aiutano ad identificarci ma molto spesso le etichette lasciano importanti parti di noi fuori. Ma la vera identità non ha bisogno di etichette: ognuno se la scolpisce da solo.
Dopo cena abbiamo visto il film Kinky Boots, che narra la storia di Lola e Charlie. La prima è una drag queen, il secondo un importante imprenditore del settore calzaturiero. Sarà proprio la loro amicizia a salvare l'azienda di famiglia di Charlie. Una storia che ci insegna ad accettarci e ad accettare gli altri, senza pregiudizi e mantenendo lo sguardo, la mente e il cuore sempre aperti.
(Cherifa e Christian)
Andres ha invece deciso di raccontarci la sua esperienza attraverso degli straordinari disegni che i partecipanti di #iocivado si sono passati di mano in mano, finché non abbiamo deciso di pubblicarli. Nella prima immagine ci viene restituita la giornata trascorsa nella comunità Il Filo d'erba di Rivalta mentre la seconda immortala il fondatore del Gruppo Abele, don Luigi Ciotti, salito ad Avigliana per incontrare i giovani partecipanti del nostro campus.
L'ultima immagine ci piace pensare che rappresenti l'incontro con la diversità da cui può scaturire, a patto di saper abbandonare stereotipi e luoghi comuni, una danza bellissima e trascinante.
Questi disegni ci emozionano e ci trasmettono energia più di mille parole... Grazie, Andres!
22 ottobre
Oggi è un giorno particolarmente importante per il nostro campus: i ragazzi vengono divisi in gruppi e trascorreranno la giornata in una delle nostre comunità.
Cascina Tario
Alle 8 siamo saliti sul pulmino e partiti per Andezeno, dove si trova la comunità Casina Tario: al suo interno vengono ospitate persone che hanno contratto il virus dell’Hiv, che talvolta degenera nella sindrome dell’Aids. Durante il viaggio, Marco (membro dello staff del campus, nonché operatore a cascina Tario) ha spiegato le cose principali da sapere sul virus, sugli utenti (che sono, nella maggioranza dei casi, ex tossicodipendenti) e sulle attività della comunità. Arrivati in cascina, ci siamo riuniti in una sala insieme ad Elisa che ci ha spiegato dettagliatamente che cosa accade in quel mondo separato che ambisce ad essere un punto di partenza per ricominciare a vivere. Il confronto si è aperto anche sulla tematica più generale dell’Aids, senza trascurare il racconto di quali siano le problematiche concrete, le piccole soddisfazioni, e i percorsi emotivi e relazionali di chi condivide l’esperienza in comunità, sia come utente che come operatore. Dopo il confronto teorico ci siamo uniti agli ospiti della casa per il pranzo. Ci saremmo aspettati un approccio lento e difficile con gli ospiti di Cascina Tario. Invece, in barba ad ogni nostro preconcetto, con cui involontariamente abbiamo iniziato la giornata, ci siamo subito trovati a parlare con loro con molta serenità. Si sono immediatamente aperti con noi, raccontando delle loro esperienze e dei loro percorsi intrapresi. Pur essendo palese il loro dolore, che porteranno con sempre per sé, ci hanno regalato momenti di gioia e speranza. Abbiamo riconosciuto la forza di cambiare vita, di ricercare la felicità e di saper chiedere aiuto. Terremo sempre con noi la loro energia, per imparare a diventare migliori giorno dopo giorno.
(Alessia e Rita)
Cascina Nuova
Siamo arrivati in tarda mattinata e non abbiamo potuto lavorare con gli ospiti, perciò Paola, prima ci ha mostrato la struttura e, successivamente, ci ha spiegato dettagliatamente (ed in maniera interattiva) il funzionamento della struttura. Dopodiché c’è stata una piccola presentazione reciproca con gli ospiti, che ci hanno dato il benvenuto e ci hanno accompagnato a tavola, dove ci aspettava un ottimo pranzo, preparato, come da regolamento, da uno degli ospiti. Riteniamo che questo sia stato un momento di grande condivisione, in cui ci siamo aperti al dialogo. Terminato il pranzo, abbiamo concluso l’esperienza con Paola con la quale abbiamo condiviso le nostre impressioni.
L’esperienza è stata per tutto il gruppo positiva e diversa da come ce l’aspettavamo.; ciò che ci ha maggiormente colpiti è stata la bellezza del posto, legata ad un’atmosfera casalinga, che riconduceva all’immagine di una grande famiglia. Ciò che caratterizza la comunità è, infine, l’attività lavorativa dagli ospiti durante la settimana. Questo rappresenta non solo uno strumento di sfogo, ma anche un’opportunità di imparare qualcosa. Anche il lavoro sulla persona è fondamentale per ricostruire l’autonomia dell’individuo. Speriamo di far tesoro dell’esperienza di oggi e auguriamo ad altri giovani di poterla vivere.
(Martina e Simone)
Il filo d’erba
Quest’oggi abbiamo avuto la fortuna e l’immenso piacere di visitare una bellissima realtà: il filo d’Erba. Non avevamo avuto modo di approfondire la conoscenza di questa colorata comunità, ma il non conoscerla ci ha dato l’opportunità di scoprirla con occhi nuovi e privi di pregiudizi. Una volta arrivati, ci siamo subito sentiti a casa: come se avessimo abitato sempre quel posto abbiamo visto tutti questi ragazzi con i loro caldi sorrisi e caffè – pronti a scaldarci dal freddo di Rivalta. Il verde che contorna la casa, giochi per i bimbi e tutto il movimento che caratterizza il filo ci mette il buonumore. Grazie a Beatrice e a Elisa, abbiamo avuto modo di scoprire non solo il bello del condividere, ma anche il coraggio di accettare la comunità, la paura di non riuscire a farsi accettare dal resto delle istituzioni. Per noi oggi è stata una scoperta: il filo non è una semplice comunità ma un luogo dove si fa comunità. E non sempre è facile. Abbiamo scoperto la coerenza di persone che pensano al cambiamento e al miglioramento, e non possiamo che ringraziarli. Ci piacerebbe davvero essere e diventare come loro. Andare contro ogni schema, contro ogni etichetta. Questa è la lezione, questo è coraggio.
(Chiara e Rossella)
San Mauro
Oggi abbiamo fatto una bellissima esperienza nella comunità protetta di San Mauro che si occupa di genitori e figli. Abbiamo vissuto e conosciuto, per la prima volta, la vita di comunità. Gli operatori della struttura ci hanno raccontato che il target delle persone accolte on è definito, ma all’interno della comunità si trovano in varie e diverse situazioni di disagio. Abbiamo avuto la possibilità di conoscere gli ospiti, trascorrendo con loro il momento del pranzo, ed è sata un’esperienza arricchente.
(Arianna e Serena)
Nel pomeriggio a #iocivado arriva un ospite d'eccezione: il fondatore del Gruppo Abele don Luigi Ciotti. A raccontarci l'incontro sono le dolcissime Chiara e Francesca.
Il Gruppo Abele nasce sulla strada, su una panchina di Torino. C’era un signore con tre giacche addosso che leggeva sempre e sottolineava i libri con una matita rossa e blu. Fu quell’uomo ad aprire gli occhi a Don Ciotti su un fenomeno di cui nessuno parlava, quello della droga, in particolare sulla diffusione della “bomba”, un cocktail di farmaci e alcool che stava spopolando tra i giovani. È così che Don Ciotti iniziò ad occuparsi degli ultimi, sulla strada “luogo non di insegnamento, ma di apprendimento e incontro con le domande ed i bisogni più profondi della gente”. Da qui iniziano le notti passate nei vagoni caldi dei treni, le partite di calcio con i ragazzi del Ferrante Aporti, la colazione con le ragazze del Buon Pastore definite “traviate”, la prima comunità di Via Bligny, 10, le fughe dal seminario per raggiungere ancora “quella strada”. Tanti piccoli passi umili e perseveranti che hanno fatto crescere il Gruppo fino ad oggi. Don Ciotti continua a lavorare con i giovani e oggi siamo noi ad avere lòa fortuna di poter accogliere le sue feconde provocazioni. Don Ciotti ci augura di avere delle coscienze inquiete e una rabbia positiva, forma d’amore per le cose giuste. Ieri s noi giovani a #Iocivado, Don Ciotti ha ribadito l’importanza di una ribellione giusta per contrastare il conformismo, la sfiducia, la mancanza di profondità e umanità. L’anoressia esistenziale e la povertà delle relazioni. Dialogando insieme abbiamo fatto un viaggio tra le più grandi sfide del nostro tempo, dalle migrazioni ai conflitti, dalla sovrappopolazione al cambiamento climatico, dalla fame ai “muri”, fino ad arrivare alle mafie. Abbiamo cercato delle linee che colleghino questi fenomeni e come ci possono coinvolgere direttamente e indirettamente nella nostra quotidianità. È stato un incontro intenso che si è concluso con il migliore degli auguri: di scrivere tante storie con la nostra vita, di colorarla, e , di fronte ai bivi della vita, scegliere di stare dalla parte giusta con coraggio.
(Chiara F e Francesca)
Durante la cena arriva invece Claudio, un ex giocatore d'azzardo patologico, che ci porta la sua testimonianza fatta di dolori, fatiche ma anche tanta voglia di ricominciare.
In serata abbiamo continuato il nostro percorso attraverso la tematica delle dipendenze; in questi giorni ci siamo resi conto che il termine dipendenza può riferirsi non solo ad alcool e droga: c’è un altro tipo di dipendenza, quella affettiva, che può dar luogo al consumo eccessivo di cibo e al gioco d’azzardo. Claudio, l’ospite di stasera, ci ha raccontato di aver affrontato e superato diverse dipendenze, come quella da cibo, shopping compulsivo, e gioco d’azzardo. Per renderci consapevoli della questione Claudio ha proposto un gioco che coinvolgeva tutti noi, per spiegarci in modo semplice il meccanismo probabilistico che si cela dietro ad ogni giocata. Dopo una parte teorica e tecnica sul tema, ci ha raccontato la sua storia: da direttore di marketing di un’agenzia pubblicitaria fino alla disperazione di ridursi alla totale dipendenza per colmare il vuoto che si portava dentro, nonostante un’apparente vita appagante. Fortunatamente, dopo più di 10 anni, Claudio ha avuto la forza di assumersi i peso di una scelta impegnativa, che l’ha portato ad una svolta positiva nella propria vita, iniziando un percorso in comunità. Le parole di Claudio sono state conclusive del percorso compiuto in questi giorni, perché abbiamo capito che le scelte sono molto importanti nella vita, e svolte che implicano un coinvolgimento nel sociale sono utili a noi stessi, ma non solo!
(Margherita e Silvia)
23 ottobre
Domenica è già arrivata... I ragazzi sono alle prese con le valigie ma il campus non è ancora finito! A raccontarci l'ultima giornata di #iocivado sono Daiana e Chiara. Buona lettura a tutti e, mi raccomando: #iocitorno!
Stamattina, dopo aver fatto colazione, abbiamo caricato le valige sulle macchine e ci siamo recati a Binaria, dove si trova la centrale operativa del Gruppo Abele. Dopo esserci divisi nei due gruppi iniziali, dipendenze e immigrazione, abbiamo fatto un resoconto degli argomenti trattati e delle emozioni che questi ci hanno suscitato. Confrontandoci nel gruppo delle dipendenze, siamo partiti dalla motivazione che ci ha fatto scegliere questa tematica, ed ognuno di noi ha esposto quali fossero le proprie aspettative rispetto al campo; molti di noi hanno acquisito maggiori informazioni, sradicando dei pregiudizi iniziali. Per rappresentare ciò che è emerso dal gruppo di confronto, abbiamo messo in scena un piccolo sketch. Dove ognuno di noi aveva davanti la viso un disegno che rappresentava un tipo di dipendenza; uno di noi ha accompagnato la scena leggendo “Siamo persone, abbiamo alternative, compiamo scelte”. Potremmo concludere dicendo che questa esperienza non offre una risposta univoca ma è importante perché ha mosso in noi qualcosa.
(Chiara M e Daiana)
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