Non solo scarpe, ma passi

Violenza contro le donneNon solo scarpe, ma passi

Per il 25 novembre proponiamo una riflessione che vada oltre i drammi visibili delle violenze e dei femminicidi, giustamente al centro dell'attenzione, per esplorare anche le dinamiche invisibili e complesse che li generano. E capire come disinnescarle

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Un tempo la violenza contro le donne era un tragico dato di fatto, non un oggetto di studio, attenzione, preoccupazione pubblica. Oggi se ne parla per fortuna molto di più: sui media e anche attraverso libri, film e serie tv di ampia diffusione. Eppure questa nuova coscienza non sembra incidere sulla realtà: il fenomeno non arretra, le vittime non diminuiscono.
Siamo partiti da questa considerazione, frutto della nostra quotidiana esperienza al fianco delle donne maltrattate e delle loro famiglie, e del lavoro svolto con chi la violenza la esercita, per chiederci come affrontare la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne in maniera non retorica e non scontata.

Le ricorrenze e i simboli sono importanti, ma da soli non bastano. Le scarpe rosse che, ormai da anni, evocano l’assenza delle troppe donne uccise, devono trasformarsi in passi avanti concreti nel contrasto alla violenza di genere. Un contrasto che dal piano doverosamente repressivo, deve allargarsi a quello educativo e culturale.
Il nostro impegno è osservare il fenomeno nella sua complessità: ciò che è evidente e ciò che rimane sommerso. Questo è possibile quando, nel lavoro di accoglienza, si riescono a cogliere le fragilità, le risorse, l’unicità di ogni persona incontrata e del contesto che la circonda. Perché le etichette non aiutano a comprendere, neppure quella di “vittima”: ogni donna che ha subito maltrattamenti ha diritto di vedersi riconosciuta nella propria ricchezza umana e non soltanto nel ruolo passivo di chi subisce. Oggi, nel cammino percorso da ciascuna di loro, vediamo anche i figli, spesso minorenni, vediamo l’impotenza di un fratello o una sorella, di un padre o di una madre, di un agente, di un datore di lavoro o di un vicino di casa. Persone che conoscono gli abusi, in certi casi li hanno sotto gli occhi, ma non sanno come intervenire.
Persino parlare di violenza rischia di essere riduttivo. Mentre può aiutarci risalire all’origine della parola: il sostantivo latino vis, che significa forza, vigore; la stessa etimologia del verbo violare, ossia infrangere i limiti. Allarghiamo allora il discorso, e soprattutto abbiamo il coraggio di riferirlo a noi stessi, chiedendoci quali sono i nostri limiti individuali, quando li abbiamo sentiti infranti, quando invece siamo stati noi a infrangere quelli dell’altro o altra. Porci queste domande serve a prendere consapevolezza del problema anche sotto la superficie, assumerci responsabilità, diventare predisposti al cambiamento, soffermarci sulle relazioni, scoprire e rispettare il femminile nel maschile e viceversa.

Vogliamo allora condividere alcuni spunti e strumenti per riflettere: poesie di grandi scrittori che con la parola veicolano messaggi, fotografie evocative, articoli della Costituzione. Immaginare di percorrere i passi di e con una donna vittima di violenza, mettendoci nei suoi panni, per infine prendere e dare parola anche a chi, tutti i giorni, la violenza la subisce direttamente o indirettamente. 
Ecco perché, a partire dal 25 novembre, troverete presso la nostra sede, e precisamente negli spazi di Binaria, delle scarpe rosse di tanti tipi, che vi accompagneranno in questo cammino di riflessione condivisa. Scarpe delle donne violate, scarpe delle persone che indirettamente assistono: bambini, bambine, ragazzi, ragazze, scarpe di uomini, di donne, o di chi potrebbe indossarle entrambe. 
Se avrete voglia di seguire questa traccia simbolica, vi troverete davanti a un iceberg: la parte emersa rappresenta ciò che vediamo, denunciamo, discutiamo e tutte le sfaccettature della violenza fatta di tanti agiti gravi e gravissimi, brutali. La parte sommersa è ciò che dovremmo imparare a vedere, denunciare, discutere se davvero vogliamo affrontare il dramma della violenza. Nel sommerso troviamo gli aspetti intimi, riservati, che rendono complesse le relazioni, i rapporti umani, sociali, culturali, anche quelli che sembrano “inattaccabili”; inclusi i nostri. 
Desideriamo così evocare creatività, bellezza e cura per rivolgerle a noi stessi e verso gli altri, partendo da lì per recuperare il nostro senso civico.

Questo sforzo di riflessione e rappresentazione rispecchia l’impegno del Gruppo Abele su questi temi. Un impegno concreto, costante, a 360 gradi: dagli sportelli di ascolto per le vittime di reato, di violenza, di sfruttamento lavorativo e sessuale e per le persone in transizione di genere, alle comunità protette per le vittime di tratta e prostituzione forzata. Dai corsi di italiano come strumento di emancipazione per le donne di origine straniera, ai percorsi di consapevolezza con gli autori di maltrattamenti. Fino alle proposte editoriali e culturali.

 

Studiare, per cambiare

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Le foto dell'iniziativaA Binaria tante persone e famiglie si sono sentite coinvolte nella riflessione