5 milioni e 200 mila contro 5 milioni e 26 mila. Sono rispettivamente i numeri degli italiani presenti all’estero e degli stranieri registrati in Italia, così come li fornisce il Dossier statistico immigrazione 2016, realizzato dal Centro studi Idos in collaborazione con la rivista Confronti e l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni (Unar). Nel 2014 italiani espatriati e immigrati residenti si equivalevano, ma ora, mentre rimangono sostanzialmente stabili le cifre sul fronte degli arrivi in Italia, il numero dei nostri concittadini che prende in mano la valigia continua a salire.
Relativamente agli stranieri presenti in Italia, il dossier non tiene conto né di coloro che, pur essendo regolari, non hanno la residenza nel nostro Paese (poco più di 450mila persone) né dei “nuovi italiani”, stranieri che hanno ottenuto la cittadinanza italiana (1 milione 150mila). Fatta questa precisazione, i Paesi di maggiore provenienza dei migranti residenti in Italia sono Romania (22,9%), Albania (9,3%), Marocco (8,7%), Cina (5,4%), e Ucraina (4,6%). “Demograficamente è improprio parlare di arrivi e presenze disfunzionali” – sottolinea il rapporto. Secondo il dossier, l’immigrazione nel nostro Paese servirà a rimpiazzare il progressivo invecchiamento della popolazione italiana; il saldo migratorio positivo previsto nel periodo 2011-2065 (17,9 milioni di ingressi contro 5,9 di uscite) supplirà al saldo demografico, negativo (28,5 milioni di nascite e 40 milioni di decessi). Nel 2015 la contribuzione degli immigrati è stata di quasi 11 miliardi, circa il 12% del gettito totale. Un “beneficio per le casse previdenziali di 2,2 miliardi” dice lo Studio.
In termini assoluti, la maggior parte degli immigrati regolari vive in Lombardia (uno su cinque): 1milione 149 mila, il 22,9% del totale. Se guardiamo ai residenti, invece, il primato spetta all’Emilia Romagna, con il 12%, seguita dalla Lombardia (11,5%) e dal Lazio (11%).
La provincia con più presenze immigrate è Prato (16%) seguita da Piacenza (14,2%) e poi da Milano (13,9%). Dati che si attestano di gran lunga sopra la media nazionale dell’8,3%. Se consideriamo i valori assoluti, il primato spetta alla provincia di Roma (529mila) seguita da Milano (446mila) e Torino (221mila).
Le rimesse, il denaro inviato alle famiglie nel Paese d’origine, sono in diminuzione: si è passati ai 7,4 miliardi del 2011 ai 5,3 del 2015. Il calo più vistoso è quello dei flussi verso la Cina: da 2,6 miliardi del 2011 a 0,6 nel 2015.
Per quanto riguarda il mercato del lavoro,nel corso dell’anno il numero di stranieri occupati è stato di 2 milioni e 259 mila (+65mila rispetto al 2014). Tra il 2008 e il 2015 il tasso di occupazione per gli immigrati è aumentato dell’8,1% - e solo del 2,1% per gli italiani – mentre quello di disoccupazione del 7,7%, contro il 4,8% degli italiani. Il 6,8% svolge professioni qualificate, il 35,9% lavori non qualificati, mentre il 30% è operaio.
La retribuzione netta mensile degli stranieri è di molto inferiore rispetto a quella autoctona: 979 euro contro 1262 – uno scarto del 28,1%.
Emerge sempre di più la figura dell’immigrato imprenditore: nel 2015 le imprese straniere hanno contribuito alle assunzioni per il 28,9%, “valori che sottolineano la loro funzionalità al mercato occupazionale in numerosi comparti e, in particolare, in quello del lavoro presso le famiglie e in agricoltura". Le imprese a gestione straniera sono circa 550mila, 26mila in più rispetto al 2014.
Il settore domestico e dell’assistenza è retto dalle donne straniere, che rappresentano il 75,9%. In particolare, le badanti, le cosiddette “colf”, sono per il 54,7% straniere. Anche il settore agricoltura vive grazie all’apporto della popolazione straniera – il 5,6% del totale. Secondo il Rapporto la percentuale è ancora più alta, ma a causa del fenomeno del caporalato è difficile quantificare i dati con precisione.
Il rapporto ci dice, in poche parole, che il nostro Paese trae molti benefici dall'immigrazione, e che le barricate per impedire l’accoglienza di donne e bambini profughi, non convengono neppure dal punto di vista economico. Oltre che essere inaccettabili dal punto di vista umano.
(giacomo pellini)