Il nuovo anno è anche un’occasione per guardarci dentro, per prendere coscienza delle ingiustizie e delle violenze che affliggono milioni di persone, per rafforzare l’impegno per eliminarle. Questa è la nostra sintetica rassegna di un 2016 che lascia spazio a tante cose da migliorare
I volti della disuguaglianza: salari, lavoro, disoccupazione
Papa Francesco lo chiama “sistema ingiusto alla radice”: i fatti e i dati gli danno ragione.
■ L’abbassamento dei salari. La quota salari del PIL è diminuita in Italia di 7 punti negli ultimi 20 anni: 110 miliardi di euro trasferiti dai salari ai profitti e alle rendite. In Europa complessivamente di 10 punti.
■ La perdita di lavoro. I disoccupati in Europa sono 21 milioni. In Italia, nel solo anno 2008, inizio della crisi, si sono persi 1 milione e 600mila posti di lavoro.
■ Le terre accaparrate. Le potenze economiche comprano terre per fare profitti dove il lavoro costa meno. Negli ultimi quindici anni sono stati comprati in Argentina 2 milioni e mezzo di ettari (a fronte di una superficie complessiva di 12 milioni), in Brasile 4 milioni e mezzo (a fronte di una superficie di 21 milioni).
■ Lo strapotere della finanza. La finanza non è più uno strumento dell’economia ma ciò che governa l’economia. Oggi il volume dei prodotti finanziari altamente speculativi arriva a 550mila miliardi di dollari. Se aggiungiamo le obbligazioni e le capitalizzazioni delle Borse, arriviamo a 700mila miliardi di dollari. Quasi dieci volte l’intero prodotto lordo globale!
■ I giovani che non studiano né lavorano. Nell’Unione Europa ci sono 90 milioni di persone di età compresa tra i 15 e i 29 anni. Nel 2015 quasi 5 milioni di giovani europei non hanno né studiato né lavorato. L’Italia è il Paese con la percentuale più alta: il 31%. Precede la Grecia (26%) e la Croazia (24%).
■ Le morti sul lavoro, lo sfruttamento e il caporalato. Nel 2016 sono morte sul lavoro 562 persone. 430mila sono quelle vittime di caporalato: nel settore agricolo la percentuale è del 56%. Nel mondo si stima che 3 milioni e mezzo di lavoratori siano ridotti in schiavitù, per un profitto di 9 miliardi di euro l’anno per gli sfruttatori.
Le guerre, la pace, i terrorismi, le spese militari e il commercio di armi
«La violenza non è la cura per il nostro mondo frantumato. Rispondere alla violenza con la violenza conduce, nella migliore delle ipotesi, a migrazioni forzate e a immani sofferenze, poiché grandi quantità di risorse sono destinate a scopi militari e sottratte alle esigenze quotidiane dei giovani, delle famiglie in difficoltà, degli anziani, dei malati, della grande maggioranza degli abitanti del mondo. Nel peggiore dei casi può portare alla morte, fisica e spirituale, di molti, se non addirittura di tutti».
Dal messaggio del Papa per la Giornata mondiale della Pace 2017
“La nonviolenza: stile di una politica per la pace”
■ Conflitti in corso. Ci sono nel mondo – benché si parli quasi esclusivamente della Siria e dell’Iraq – 35 conflitti armati in corso.
■ Muoiono soprattutto i civili. Dall’inizio dalla guerra in Iraq – la cui natura strumentale è stata messa in evidenza da una commissione d’inchiesta inglese che ha lavorato per 13 anni – sono state registrate 251mila morte violente. Di queste 164mila sono di persone civili.
■ La contabilità “razzista” delle vittime di terrorismo. Tra il 2015 e il 2016 le persone vittime di attacchi terroristici in Europa e America cono state 650. Nel resto del mondo quasi 30mila. Morti che suscitano però meno sdegno e commozione perché ci ricordano le responsabilità politiche e economiche dell’Occidente nella nascita e nella diffusione dei terrorismi.
■ Il grande affare delle armi. Le spese militari nel mondo ammontano a 1.676 miliardi di dollari. L’80% della spesa è sostenuta da 15 Paesi. In cima gli Stati Uniti (36%), la Cina (13%), l’Arabia Saudita (5,2%), la Russia (4%), la Gran Bretagna (3,3%). L’Italia con una quota dell’1,4% (24 miliardi di dollari) è dodicesima. Per scopi militari si spendono ogni giorno nel mondo quasi 5 miliardi di dollari!
■ Il buon “piazzamento” di Finmeccanica. Tra i primi 25 produttori di armi, 12 sono statunitensi. In cima ci sono Lockeed e Boeing, che hanno venduto armi rispettivamente per 38 e 28 miliardi di dollari. Nona è la nostra Finmeccanica, con 10 miliardi e mezzo di armi vendute.
Migranti, profughi, bambini in fuga
■ La grande migrazione via mare. Nei prime nove mesi dell’anno sono arrivati in Europa 305mila persone tra migranti e rifugiati. 290mila via mare e 15mila via terra.
■ Mediterraneo, cimitero marino. I morti ufficiali fino a settembre scorso erano 4.310. Nel 2015 sono stati 5.604. Negli ultimi vent’anni si calcola che siano morte, soprattutto via mare, 20mila persone.
■ Un mondo che uccide il suo futuro. Sono quasi 50 milioni i bambini in fuga da guerre e carestie. Un numero aumentato del 77% negli ultimi cinque anni. Il 45% proviene dalla Siria e dall’Afganistan.
■ Il “patto del diavolo” con la Turchia. La Turchia è il Paese dove si trova il maggior numero di profughi: 2,5 milioni di persone. “Sistemazione” finanziata dall’Europa, che in cambio tace sulla violazione dei diritti umani e sui golpe orchestrati per giustificare la repressione del dissenso.
■ La necessità di analisi oneste e misure lungimiranti. L’Occidente non può continuare a dire parole false o di circostanza su un fenomeno che ha in gran parte provocato. Quelle migrazioni sono frutto innanzitutto di un’economia che, complice una politica muta o consenziente, ha predato risorse, desertificato territori, generato conflitti e povertà. La retorica del “nemico alle porte”, su cui proliferano i populismi, è un espediente per coprire le nostre responsabilità.
■ Basta con lo scaricabarile. Un’Europa che gioca a scaricabarile con le vite dei migranti, è un’Europa che rinnega gli ideali per cui è nata. Le immagini dei respingimenti, dei muri, delle “cacciate dello straniero” dai quartieri, tradiscono l’impegno chi si è speso per un’Europa dell’accoglienza, del lavoro, della giustizia sociale, della pace.
■ Occorre una rivoluzione culturale. Il “pensiero unico” del profitto ci sta portando dritti alla bancarotta economica, alla distruzione dello Stato sociale e alla catastrofe ambientale. Solo una “conversione ecologica” – quella a cui richiama papa Francesco nella Laudato sì – può trarci fuori dalle secche. “Conversione ecologica” vuol dire affrontare le disuguaglianze sociali e il disastro ambientale come sintomi di una stessa malattia chiamata egoismo, una malattia dalla quale possiamo guarire solo unendo le forze e condividendo le responsabilità.
■ Nessuno può essere condannato a vita dal suo luogo di nascita. Un mondo dove viene negata la possibilità dell’oltre e dell’altrove, è un mondo che nega la speranza e la conoscenza, cioè la dignità stessa della persona. Per riaffermarla dobbiamo partire proprio dai migranti e dai profughi respinti e esclusi. Sono loro a fornirci le coordinate del futuro, a guidarci a un mondo dove possiamo stare tutti meglio, riconoscendoci diversi come persone e uguali come cittadini.
Povertà, malattie non curate, spesa sociale malgestita
■ Un italiano su 4 è a rischio povertà. Gli ultimi dati Istat parlano di 1 italiano su 4 a rischio povertà e esclusione sociale: 17 milioni 469mila persone. Il 28,7% delle residenti.
■ I laureati in fuga. Nel 2015 è cresciuto anche il numero delle persone emigrate all’estero: 147mila, 8% in più rispetto al 2014. Sono sempre di più, in particolare, i laureati con più di 25 anni che lasciano il Paese: quasi 23 mila (13% in più del 2014).
■ Si allarga la forbice fra poveri e ultraricchi. L’Italia è uno dei Paesi in cui la distribuzione della ricchezza è più disuguale. Il 10% più ricco detiene il 45% della ricchezza complessiva. Nel decennio 2005–2015, il numero dei miliardari è cresciuto da 13 a 39.
■ Senza soldi per cure e medicine. Nel 2015 sono stati 11 milioni gli italiani che hanno rinunciato a prestazioni sanitarie per motivi economici.
■ Un sistema di protezione che non funziona. Quanto a spesa sociale, l’Italia è quinta in Europa. Ma la capacità d’incidere sulla povertà è inferiore a quella di molti altri Paesi perché la maggior parte della spesa ricade sulle pensioni di anzianità e di reversibilità.
Resta molto limitata la spesa per le fasce sociali più deboli e gravate dalla crisi. Le spese per famiglie, bambini e diritto alla casa ammontano solo al 6,5%, contro il 10% della Germania, il 14% della Francia e il 18% del Regno Unito.
Crisi del legame sociale, crisi dell’identità
■ Il ritorno dell’eroina. In questo contesto aumentano le fragilità e le dipendenze. In particolare vediamo un ritorno dell’eroina. Alla base ci sono strategie criminali-mafiose, legate alla sovrapproduzione di oppio. Ma ci sono anche carenza d’investimenti sulla prevenzione, sui percorsi educativi (come anche nel caso dell’Aids, il cui numero di infezioni non diminuisce) e riduzione, in certi casi smantellamento, dei servizi sociali. «Persone non problemi», dicevamo trent’anni fa. «Persone, non bilanci», dovremmo dire oggi.
■ Giocarsi la vita. Il gioco d’azzardo è ormai un’industria – il fatturato annuale è di 90 miliardi di euro – cresciuta sotto l’ombrello protettivo dello Stato, in un discutibile intreccio d’interessi pubblici e privati e costi umani e sociali ormai sotto gli occhi di tutti. È arrivato il momento di chiederci, se non la legalità, almeno la legittimità di questo mercato. Uno Stato deve proteggere i cittadini, non indurli al rischio e alla malattia. Trarre profitto dalla fragilità delle persone significa contraddire i principi etici su cui si basa il rapporto tra cittadini e istituzioni.
■ I disperati “sos” degli eremiti digitali. Una riflessione attenta merita il fenomeno degli “hikikomori”, i giovani “eremiti digitali” auto reclusi nelle loro camere, dove affidano le relazioni col mondo esclusivamente a Internet. Malati di anoressia sociale. Un fenomeno che, dal Giappone, rischia di allargarsi nel resto dell’Occidente e che ci dice soprattutto una cosa: il grande bisogno di riconoscimento suscitato da una società ipertecnologica, dove le relazioni umane sono perlopiù sbrigative o strumentali. Incapaci di soddisfare quel bisogno di riconoscimento e di verità che umanizza la vita e la rende degna di essere vissuta.
I dati sono estrapolati dal 14° Rapporto Diritti Globali (Ediesse edizioni)