Otto italiani su dieci si informano dai Tg, ma le notizie riguardanti l’immigrazione, in Italia, non raccontano quasi nulla del fenomeno stesso. A dirlo è Paola Barretta, ricercatrice dell’Osservatorio di Pavia - centro di analisi e studio dei media nato dieci anni fa - e responsabile del progetto dell'Osservatorio Europeo sulla Sicurezze, a Perugia per il Festival Internazionale del Giornalismo. Nel 2016, in Italia, il fenomeno migratorio ha goduto sui media di enorme visibilità, con 1.622 titoli sulle prime pagine del giornali e solo 12 giorni di assenza dal dibattito sulla carta stampata. Negli ultimi 10 anni i Tg prime time hanno dedicato al tema 3.231 servizi, con una prevalenza, per il 2016, della trattazione dei temi della gestione dell’accoglienza e della cronaca dei flussi per i Tg Rai e La7, e di criminalità e sicurezza per i Tg Mediaset.
“Tra i dati più interessanti – spiega Paola Barretta – ci sono quelli che riguardano il confronto tra i nostri telegiornali e quelli degli altri Paesi europei. L’Italia, per numero di servizi dedicati all’immigrazione, si colloca al terzo posto dopo la Germania e l’Inghilterra. Ma nei nostri tg si parla dei contesti di provenienza e transito dei migranti solo nel 5% dei servizi giornalistici, una percentuale che ci pone come fanalino di coda in Europa”. La narrazione italiana delle migrazioni guarda dunque all’ombelico, ci concentriamo soprattutto sulla prossimità e non si parla mai, paradossalmente, dei Paesi dai quali maggiormente si parte per raggiungere l’Italia: Costa d’Avorio e Somalia. “Eppure la Somalia vive una situazione drammatica, piegata da carestia, instabilità politica, pirateria, rifiuti tossici”. A dirlo è Zakaria Mohamed Ali, fotoreporter somalo, rifugiato in Italia dal 2008. Anche Zakaria Mohamed Ali è al Festival del Giornalismo, per raccontare il suo Paese e il viaggio che lo ha portato qui: “Sembra incredibile, arriviamo in Italia in migliaia ma nessun organo di informazione racconta il nostro Paese, né spiega perché fuggiamo via. L’unica ad essersi ricordata della Somalia, soprattutto in relazione al tema, scottante e terribile, dei rifiuti tossici, è stata Ilaria Alpi”.
Zakaria ha lasciato Mogadiscio nel 2007, insieme ad altri 24 giornalisti. “Dopo che, in un attentato, hanno ucciso il mio direttore editoriale, siamo stati costretti scappare: prima l’Etiopia, poi il Sudan, la Libia e infine l’Italia. Ho preso due volte un barcone, la prima il 24 maggio 2008, quando a seguito di una rottura siamo rimasti in mare per tre giorni. Poi, sopravvissuti non so come, siamo stati portati in carcere, a Tunisi, per riuscire faticosamente a intraprendere un altro viaggio e il 13 agosto 2008 sbarcare a Lampedusa, finalmente. Sono ancora pochi, in Italia, a raccontare le condizioni disumane di chi affronta questo tipo di viaggi. Riprendersi non è stato semplice. Ma una volta in Italia sono andato a scuola, caparbiamente, ho imparato la lingua e non ho mai abbandonato il mio sogno di diventare giornalista. In pochi si interrogano su chi siamo, cosa vogliamo, cosa sogniamo. Ma credo che questa sia una delle chiavi per superare molti dei nostri attuali problemi”. Non si tratta di una riduzione del fenomeno, non si tratta di fatti dimenticati. La nostra informazione, più che di quantità, sembra peccare di qualità del racconto. “Dobbiamo spezzare le cornici – chiude Zakaria Mohamed Ali - raccontare le storie, non stancarci mai di spiegare, cercare di capire e far capire. Solo così lavoreremo per un’integrazione reale, anche sui media”.
Zakaria Mohamed Ali, tornato quattro anni dopo lo sbarco a Lampedusa, ha girato un documentario rievocando la sua permanenza nel CIE e andando alla ricerca delle memorie perdute. Un documento prezioso e importante, anche per fare informazione, disponibile su YouTube.
Guarda il documentario di Zakaria Mohamed Ali
(federica grandis)