Che la pioggia sarebbe arrivata, lo si sapeva da qualche giorno. Che scrosciasse su Perugia con precisione al limite del chirurgico, contemporaneamente alla partenza della Marcia per la pace, con un anticipo di due ore su ogni bollettino, un po' meno. Malgrado tutto, malgrado i piedi che battono contro l'umidità, alle otto e trenta del mattino di una grigia giornata di inizio ottobre siamo già stipati a migliaia ai Giardini del Frontone, cappucci in testa, impermeabili addosso, ombrelli aperti (per lo meno chi ce li ha), bandiere zuppe, guardati a vista, bonariamente, dalla foto di Dino Frisullo che campeggia sotto la targa che il Comune del capoluogo umbro gli ha riservato nel 2003. S'è aperta così, domenica 7 ottobre, la Perugia-Assisi 2018.
Come un ammonimento. Perché non più tardi di un'ora prima, nella messa celebrata alle 7.30 da padre Alex Zanotelli in quel gioiello che è l'Abbazia di San Pietro, l'acqua è stata più volte evocata come bene necessario, risorsa indispensabile da difendere a tutti i costi, in un'epoca in cui nulla più appartiene a nessuno se non a quei pochi che ne sanno trarre un qualche guadagno.
Cinquanta persone del Gruppo Abele hanno partecipato: delegazione composita di operatori, volontari, amici, giovani e ospiti delle comunità. Partiti da Torino alle 22 del sabato, pronti in terra umbra già alle 5.20 del mattino, con un discreto anticipo sui tempi, intorno appena una manciata di bar aperti, la fioca luce dei lampioni a illuminare una mistura di nebbia e buio e nessuno all'orizzonte se non qualche vigile urbano già alle prese con parcheggi selvaggi e ultimi accorgimenti, assiepati nella chiesa dalle 7 e schierati infine, in ordine sparso, nella pancia del corteo.
Ci sono i giovani del Filo d'Erba di Rivalta, quelli arrivati con l'Educativa di strada e una ragazza della comunità mamma/bimbo di San Mauro: per loro è la prima volta alla marcia. Si meravigliano, si lamentano, ridono, scattano foto, mangiano, condividono sui social. Si perdono, si ritrovano, trovano amici di altre parti d'Italia, si stancano e condividono ancora sui social. La pioggia li scoraggia e li gasa al contempo. Sono stati gli ultimi ad abbandonare il pullman al mattino, assonnati, sono gli ultimi ad arrivare a pomeriggio, esaltati. Usano tutte le ore del viaggio di ritorno per dormire, dopo aver letto le pagine di qualche libro o aver cercato l'hashtag giusto per raccontare la manifestazione.
E ci sono gli altri, gli adulti, quelli per cui i 24 chilometri umbri non sono una novità come pure quelli che non se l'aspettavano fosse così dura. Mauro che appena ti giri lo trovi a rifocillarsi in qualche bar, Chiara che tiene i capelli con una pinza a cuore dei colori dell'arcobaleno, Cristina e Sadija che fanno avanti e indietro come schegge e non si stancano mai (ma proprio mai), Maurizio che a Santa Maria degli Angeli c'arriva per primo, Giulia che ha trovato Cecilia, Beatrice che ride e parla con tutti.
A Santa Maria degli Angeli, ai piedi di Assisi, arriviamo che sono passate da poco le due. Quel poco di sole che ha fatto capolino per pranzo si è assiepato di nuovo dietro nuvoloni scuri. La pioggia riprende a scendere, insistente, e crea quella che sarà una delle immagini simbolo della marcia: piccole barchette di carta adagiate a navigare sulle pozzanghere. Alcune si muovono, col vento, e pare davvero navighino; altre si piegano, chinandosi su un lato, in una rappresentazione in scala delle tragedie mediterranee. Nel frattempo, passa uno spezzone di ragazzi che canta Bella ciao, con dedica e pensiero per il sindaco di Riace, Mimmo Lucano, e un altro, poche centinaia di metri più in là, che intona La guerra di Piero. Tutti ridono. Come se a costruire la pace, almeno per un giorno, servisse davvero poco.
(piero ferrante)