“Siamo solidali con i sindaci di Palermo e di Napoli che hanno espresso chiaramente la loro opposizione alle nuove norme sull’immigrazione, non escludendo il ricorso ad atti di disobbedienza civile”, dichiara Riccardo De Facci, presidente del Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA) di cui fa parte anche il Gruppo Abele. “Le modifiche di legge approvate dal governo non sono solo sbagliate e controproducenti rispetto a una gestione razionale dell’immigrazione, ma ledono fondamentali principi di umanità. Per questo anche la nostra Federazione, con le sue oltre 260 organizzazioni aderenti, ritiene possibile e moralmente lecito promuovere azioni che considerino l’accoglienza e il sostegno ad esseri umani migranti come valori non eludibili per via legislativa”.
“Il CNCA incontra ogni anno centinaia di migliaia di persone che cercano aiuto o migliori opportunità di vita”, continua De Facci. “Tantissimi italiani, molti stranieri. Crediamo che sia urgente costruire una rete nazionale – plurale nella sua composizione e articolata a livello locale – che riunisca tutti coloro che sono impegnati in difesa dei diritti fondamentali senza distinzioni di nazionalità. Un’aggregazione che realizzi un’azione concertata di critica della normativa sull’immigrazione e, più ancora, una proposta complessiva sulle migrazioni che nasca da una visione alta, la cui persistente assenza è ormai diventata un deficit gravissimo non solo per il nostro paese ma per la stessa Europa. Non si partirebbe da zero, ma dai contenuti elaborati dalle diverse iniziative nate in questi ultimi anni in favore delle persone migranti e della convivenza civile. Un’eventuale chiusura del governo e del parlamento dinanzi a una tale proposta renderebbe legittime e opportune anche azioni di disobbedienza civile”.
“La disobbedienza civile,” conclude il presidente del CNCA, “non è un’opzione da prendere a cuor leggero. Richiede, anzi, capacità di analisi e senso di responsabilità. Tuttavia, non vorremmo doverci trovare – in futuro – ad applaudire iniziative in memoria delle persone morte nel Mediterraneo o nei luoghi di detenzione libici, per non dimenticare i gravi misfatti di cui ci siamo macchiati, senza aver – oggi – fatto tutto quello che è in nostro potere per evitare o almeno ridurre l’enorme sofferenza inflitta alle persone migranti da legislazioni e sistemi ingiusti e inumani”.