Questa di seguito è una testimonianza scritta per il sito del Gruppo Abele da due dei partecipanti al campo #iocivado, giunto alla sua ottava edizione. #iocivado si è tenuto alla Certosa1515 di Avigliana dal 4 al 7 aprile scorsi.
Ci siamo, ci si ritrova tutti seduti in cerchio, gli uni davanti agli altri, arrivati da posti diversi, portatori di storie diverse. Ci presentiamo, ci guardiamo, proviamo a capirci. È questo cerchio, questo essere equidistanti dal centro, che aiuta a sciogliere l’imbarazzo. Ed è questo cerchio, luogo d’incontro e di confronto, il filo conduttore della quattro giorni di questa edizione, l’ottava, di Io ci vado, campo di formazione promosso dai giovani del Gruppo Abele per discutere con altri giovani di dipendenze, immigrazione, di presente.
Quaranta giovani riuniti alla Certosa 1515 di Avigliana per quattro giorni (4-7 aprile), ad ascoltare competenze (di Luigi Ciotti, Barbara La Russa, Michela Borile, Maria José Fava, Ornella Obert, Simona Marchisella), a conoscere esperienze (la comunità mamma-bimbo, Cascina Nuova, il Filo d’Erba e Cascina Tario), a mescolare punti di vista. Quattro giorni di esempi e di parole, come quelle affidateci da uno dei ragazzi: “Per essere noi, serve forse ricordarsi la forza che nasce dall’incontro con l’altro. La bellezza di scoprire ciò che ci accomuna e il coraggio di mettere in gioco e in discussione quelle parti di noi che ci rendono apparentemente ‘indipendenti’ e in equilibrio. E allora sì, che per me l’invito di don Ciotti quando ci sprona al coraggio di avere più coraggio, acquista un senso pratico. Il coraggio di farsi accogliere e di accogliere l’altro, riconoscendo in lui i suoi bisogni, la sua dignità e il suo essere unico. Intravvederemo forse i contorni della parte giusta, che non è un luogo dove stare, ma l’orizzonte da raggiungere, assieme”.
Al di là dell’entusiasmo, possiamo dire che il campo è servito soprattutto per alimentare i dubbi piuttosto che risolverli, per moltiplicare le domande, piuttosto che rispondere a tutte quelle che ci portavamo in dote. Ma, dall’altro lato, proprio nel senso di quel cerchio, in quella piccola comunità formante e pensante, ci ha resi consapevoli di essere nel posto giusto, dove si costruisce consapevolezza nel nome del principio di Umanità.
(carmela e cece)