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NotizieMigrazioni ambientali, la tre giorni di Casacomune

Secondo la Banca Mondiale, entro il 2050 si muoveranno 143 milioni di persone con ripercussioni importanti a livello sociale ed economico. Mentre l'Oms ha lanciato l'allarme per più di 60 milioni di persone, minacciate dal solo aumento della temperatura. Per non restare indifferenti e per ragionare insieme sul fenomeno, Casacomune organizza, dal 26 al 28 febbraio, il corso di formazione online "Migranti ambientali: equilibri e squilibri"

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Milioni di persone ogni anno sono costrette ad abbandonare case e terreni a causa di una catastrofe di natura ambientale. Possono essere eventi di breve durata, come terremoti, tsunami ed eruzioni vulcaniche, oppure processi di lungo periodo quali siccità, desertificazione, salinizzazione delle acque dolci o conflitti causati dalla volontà di controllo delle risorse naturali. Secondo le stime della Banca Mondiale, entro il 2050 si muoveranno 143 milioni di persone con ripercussioni importanti a livello sociale ed economico. Mentre l’Organizzazione mondiale della sanità ha lanciato l’allarme per più di 60 milioni di persone, minacciate dal solo aumento della temperatura. Per non restare indifferenti e per ragionare insieme sui diversi aspetti di un fenomeno ancora poco indagato Casacomune ha organizzato, dal 26 al 28 febbraio, il corso di formazione online Migranti ambientali: equilibri e squilibri.

Quando si parla di migranti ambientali molte sono ancora le questioni aperte. Dal punto di vista giuridico, per esempio, non si è ancora raggiunto un consenso sulla definizione da utilizzare. Sotto questo aspetto, il 2020 è stato un anno importante. Come ricorda Anna Brambilla, dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, per la prima volta il Comitato Onu per i diritti umani ha riconosciuto due principi fondamentali: che gli effetti del cambiamento climatico possano comportare una violazione del diritto alla vita e che il rischio di subire gli effetti del cambiamento climatico nel Paese d'origine ingeneri un divieto di espulsione. È molto difficile, quando si parla di migrazioni ambientali, individuare immediatamente il nesso di causalità tra il cambiamento climatico e la migrazione; per questo è importante leggere e cogliere sin da subito, già nella ricostruzione delle storie, l’aspetto ambientale della migrazione. La strada da percorrere è ancora tanta, ma chiudere gli occhi davanti a un fenomeno di tale portata significa negare la realtà.

La tre giorni di Casacomune offre invece una prospettiva lungimirante. Ad aprire i lavori, venerdì pomeriggio, Marco Aime, docente di Antropologia culturale dell’Università di Genova e don Luigi Ciotti, presidente di Casacomune, seguiti dall’intervento del ricercatore Antonello Pasini su Il clima impazzito: ondate migratorie e conflitti. Sabato un approfondimento trasversale, con il giornalista Stefano Liberti che affronta l’intreccio tra geopolitica, migrazioni e sistemi agroalimentari e Mario Giro, docente dell’Università di Perugia, che analizza i cambiamenti antropologici in Africa e l’evoluzione delle ragioni del migrare. Spazio anche al Centro America con l’educatrice Maria Luisa Gutierrez Ruiz, mentre Suzanne Mbyie Diku, specialista in ginecologia, approfondisce gli effetti del cambiamento climatico sulla migrazione femminile in Africa e il ruolo delle donne. Chiude la giornata Marco Trovato, direttore editoriale della rivista Africa, con un intervento sul commercio globale di rifiuti e la guerra dei metalli rari nel continente africano. Domenica, infine, Monica Di Sisto analizza le ricadute degli accordi commerciali internazionali sulle migrazioni, seguita da due interventi di prospettiva: Giuseppe De Marzo, economista e coordinatore Rete Numeri Pari, su come l’attuale modello di sviluppo incida sulle migrazioni e quali siano i cambiamenti di rotta possibili e Grammenos Mastrojeni, segretario generale aggiunto dell’Unione per il Mediterraneo, sul ruolo della politica e delle istituzioni “per salvarci tutti insieme”.

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